rosa_elefante: (Default)
rosa_elefante ([personal profile] rosa_elefante) wrote2010-09-15 03:57 pm

XI

Titolo: XI
Genere: raccolta
Pairing: nessuno
Rating: safe
Disclaimer: gli Arashi non mi appartengono u_u
Note: dunque, come tutti (?) sanno, oggi è l'undicesimo anniversario degli Arashi. Per l'occasione, pubblico una raccolta di undici brevi 'storie', tutte dal punto di vista di Aiba, delle riflessioni sugli avvenimenti più significativi da quando è entrato nei Johnny's, sul suo rapporto con gli Arashi in generale e con i singoli membri. Alcune informazioni sono state ricavate da interviste e video, altre sono state inventate di sana pianta XD

Non starò a dilungarmi su quello che significano gli Arashi per me. Semplicemente, quello che mi è successo con loro non mi era mai successo prima. Non potrò mai benedire abbastanza il giorno in cui ho scoperto della loro esistenza.
Buon anniversario ♥

A 19 anni, Aiba aveva compreso quanto fossero importanti gli Arashi nella sua vita.
Tutto era iniziato in una sala da ballo, con ‘Nice Na Kokoroiki’ in sottofondo; per molto tempo non fu in grado di sentire quella canzone senza provare una naturale fitta di paura.
Ballava, ma i suoi movimenti gli sembravano lenti,, i muscoli delle braccia improvvisamente pesanti. Non riusciva più a respirare, tutto intorno a lui aveva iniziato a girare. Aveva sentito delle voci chiamarlo per nome, ma non era stato in grado di capire a chi appartenessero. Poi era diventato tutto buio.
Quando aveva riaperto gli occhi, ogni cosa intorno a lui era bianca, e aveva quindi pensato di essere morto. Non era per niente felice della cosa: c’erano ancora tante cose che desiderava fare, e di certo non voleva morire in quel modo, giovane e senza aver salutato nessuno.
Poi si era reso conto del leggero fastidio provocato dalla flebo e del rumore della macchina attaccata al suo corpo, che monitorava la frequenza dei battiti del suo cuore: aveva capito che si trovava in una stanza d’ospedale, ma non ne conosceva il motivo. Poco dopo un medico dall’aria gentile gli aveva spiegato in cosa consistesse la pneumotorace, la malattia di cui era affetto: una malattia respiratoria, che colpiva uomini esili e sottoposti a intensi carichi di lavoro. Gli aveva detto che era grave. Che avrebbe dovuto operarlo.
Anche se si sarebbe dovuto preoccupare principalmente per la sua vita, ciò che lo assillava maggiormente era l’eccessivo periodo di tempo in cui sarebbe dovuto stare in ospedale: in quel periodo dovevano promuovere un nuovo singolo degli Arashi, e stavano anche iniziando le riprese del loro primo film. Si sentiva uno schifo, a stare in ospedale mentre i suoi compagni dovevano lavorare anche per lui. E poi, andava davvero bene per lui stare tanto tempo senza lavorare? Che avrebbero detto all’agenzia?
‘Mi cacceranno via’
Quando aveva saputo dell’operazione, la prima cosa che aveva detto a sua madre era stata: ‘Chiedi scusa ai ragazzi da parte mia’. Sua madre aveva pianto, e gli aveva detto che era davvero un bravo bambino.
In quei giorno, aveva spesso parlato con lei del suo futuro: cosa avrebbe fatto? Durante quelle chiacchierate non avevano mai contemplato lo scenario in cui l’operazione andava male, perché in quel caso non ci sarebbe stato alcun futuro, dunque non aveva senso parlarne. Sua madre insisteva col dire che non lo avrebbero cacciato dagli Arashi, nonostante lui ne fosse convinto, ma anche così il problema restava. I signori Aiba gestivano un ristorante di cucina cinese, e Aiba era sempre stato consapevole del fatto che, un giorno, quel ristorante sarebbe passato a lui. In tal caso, avrebbe dovuto lasciare gli Arashi.
Quando era nei Juniors viveva giorno per giorno senza pensarci troppo, e non sapeva se voleva diventare un idol o meno; una volta debuttato con gli Arashi, aveva deciso di mettercela tutta in segno di riconoscenza per tutte quelle persone che li supportavano.
Col tempo i suoi sentimenti erano cambiati: aveva smesso di fare le cose per inerzia o per gli altri, aveva iniziato a lavorare per se stesso. In quella stanza d’ospedale, nulla era più chiaro del fatto che voleva continuare a lavorare con gli Arashi, e che voleva continuare a farlo per sempre. Non poteva immaginarsi una vita in cui quei quattro ragazzi non fossero compresi.
In quei giorni comprese a fondo quanto gli piacesse lavorare e passare il tempo con loro. E si rese conto che i suoi sentimenti erano ricambiati, o almeno, a lui piaceva pensarla così. Anche se per colpa sua dovevano lavorare di più e subire ritardi in alcuni lavori, tutti e quattro erano andati a fargli visita e a rassicurarlo: non doveva preoccuparsi di nulla, non stava creando problemi a nessuno, loro lo avrebbero solo aspettato. Lui doveva solo guarire.
Nino era stato il primo membro degli Arashi a fargli visita. Era rimasto per poco e aveva detto in tutto tre frasi: ‘Ciao’, ‘Come va?’ e ‘A presto’, ma prima di andarsene gli aveva lasciato sul comodino il suo videogioco preferito. Aiba non poteva certo usarlo, ma ne era stato felice, perché aveva compreso il significato di quel gesto.
Alla fine l’operazione era andata bene, le uniche conseguenze negative erano state la cicatrice sul torace e il fatto che non avrebbe più potuto suonare il sassofono, ma erano cose che già conosceva. Tuttavia, per quanto lo amasse, per tutto il periodo del ricovero, Aiba non aveva pensato allo strumento neppure una volta: nella sua mente c’erano solo gli Arashi.

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