XI

Sep. 15th, 2010 04:00 pm
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Titolo: XI
Genere: raccolta
Pairing: nessuno
Rating: safe
Disclaimer: gli Arashi non mi appartengono u_u
Note: dunque, come tutti (?) sanno, oggi è l'undicesimo anniversario degli Arashi. Per l'occasione, pubblico una raccolta di undici brevi 'storie', tutte dal punto di vista di Aiba, delle riflessioni sugli avvenimenti più significativi da quando è entrato nei Johnny's, sul suo rapporto con gli Arashi in generale e con i singoli membri. Alcune informazioni sono state ricavate da interviste e video, altre sono state inventate di sana pianta XD

Non starò a dilungarmi su quello che significano gli Arashi per me. Semplicemente, quello che mi è successo con loro non mi era mai successo prima. Non potrò mai benedire abbastanza il giorno in cui ho scoperto della loro esistenza.
Buon anniversario ♥


Quando si era ritrovato a scrivere una lettera sugli Arashi da leggere in un noto programma televisivo di beneficenza, non sapeva da che parte cominciare.
Dovevano chiederlo proprio a lui, che a scuola non riusciva mai a scrivere un tema decente; non era bravo in queste cose. In condizioni normali avrebbe chiesto a qualcuno, magari Sho, di aiutarlo, ma la storia della lettera doveva restare segreta, e non poteva quindi chiedere consiglio agli altri.
Si sentiva nervoso, perché, anche ammesso che fosse mai riuscito a scrivere qualcosa, era certo che, una volta davanti alle telecamere, avrebbe fatto confusione o si sarebbe impanicato, facendo una figuraccia. Non solo, avrebbe fatto fare brutta figura a tutto il gruppo.
Si era seduto al tavolino di camera sua ed era rimasto per 20 minuti buoni a fissare il primo foglio bianco di un blocco per appunti. Il tema era ‘il tuo sogno diventa il sogno di tutti’, e pensava che si addicesse a quello che erano gli Arashi: all’inizio erano cinque entità separate, ma dopo cinque anni insieme avevano creato un forte legame, diventando un gruppo unito che marciava compatto verso un unico obiettivo: diventare i numeri uno.
Così aveva iniziato a scrivere le prime frasi, buttandole giù così come gli venivano senza pensarci troppo, ma assecondando il flusso dei suoi ricordi.
-Nino è stato il mio primo amico nell’agenzia
-Jun mi ha insegnato una coreografia
-Riida ha disegnato una scimmia
-Sho-kun è sempre impegnato
-Vorrei essere bravo come Ohno-kun
-Matsujun è gentile ma fa paura
-Mi manca il sassofono
-Tutti pensavamo che il nome ‘Arashi’ facesse schifo
-Nino non mi presta mai i suoi giochi
-Sho-kun ha condiviso con me delle caramelle
-Mi piacciono i concerti
-Sono felice
Aveva stilato un lungo elenco di frasi fino a riempire un intero blocco, e pensava di leggere tutto durante la diretta. In quel blocco c’era tutto ciò che erano gli Arashi, tutto quello che lui aveva pensato da quando era entrato nell’agenzia. C’erano momenti felici, momenti divertenti e momenti tristi; c’erano quattro ragazzi che non poteva fare a meno di amare. A mano a mano che riviveva quegli anni passati insieme, si commuoveva, rideva da solo; gli venivano alla mente tante cose che avrebbe voluto dire ai suoi compagni, ma che fino a quel momento si era tenuto dentro perché troppo riservato per tirarle fuori.
Quindi aveva preso un nuovo blocco e aveva iniziato a scrivere un vero e proprio discorso; c’erano tante cose che voleva dire, ma si era messo d’impegno per concentrare il tutto in poche parole importanti. Voleva dire ai suoi compagni che era contento che ci fossero, che gli voleva bene e li rispettava come artisti. Voleva chiedere scusa per i problemi che aveva causato nel periodo della malattia. Voleva dire ‘grazie’.
Una volta finito di scrivere, piangeva come un bambino; non sapeva bene perché, era una commistione di elementi: felicità, tristezza, nostalgia, gratitudine, c’era un po’ di tutto. Fatto sta che piangeva incredibilmente e non riusciva a fermarsi; e non aveva bevuto neppure un goccio d’alcol.
Il giorno della diretta si sentiva agitato, ma dal momento che aveva già versato la sua buona dose di lacrime per quella lettera, non temeva di piangere di nuovo nel leggerla per la decima volta; temeva comunque un attacco d’ansia. Alla fine, però, la situazione si era capovolta: dell’ansia neppure l’ombra, ma la commozione era arrivata eccome.
Il problema, si era detto in seguito, era l’atmosfera del ‘24 jikan no terebi’: per tutta la durata della trasmissione si entrava in contatto con tante persone sfortunate e coraggiose, si sentivano tante storie strazianti, ed era difficile non commuoversi.
E in quell’atmosfera, dopo tutte quelle cose, lui aveva dovuto parlare dei suoi sentimenti, della sua cicatrice, di ciò che nascondeva nel cuore; aveva dovuto dire ‘grazie’, ‘mi dispiace’ e ‘vi voglio bene’. Per di più, l’aveva dovuto fare davanti a Matsujun e Riida già sciolti in lacrime, con gli altri due dagli occhi insolitamente lucidi.
E lui era sempre stato un tipo dalla lacrima facile, che diamine.
Aveva pianto in diretta nazionale.
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