rosa_elefante: (Default)
Titolo: Love Chronicles
Fandom: Arashi
Genere: yaoi, lemon, e diciamo romantico, ma non troppo
Rating: PG-13
Pairing: indovinate un po'? Ebbene sì, ANCORA Sakuraiba. Ma attenzione, non solo!
Disclaimer: vedete questa mano? *alza la mano che usa per scrivere e scrocchia le dita* un giorno questa mano mi aiuterà a dominare tutto il Johnny Jimusho!
Inizierò dagli Arashi!
Lettori: *arretrano lentamente* ehm, Rosa-chan... hai preso le medicine stamattina?
Autrice: uh *sbatte le palpebre* Sì...
Lettori: .......*silenzio*
Autrice: ehm........ ARASHI FOR DREAAAAAM!!!!! *corre come un demonio*
Note: che dire? Non ho mai scritto delle long fic sugli Arashi, spero sia uscita decentemente. in realtà non ho finito di scriverla, ma non temete, la finirò, SO che desiderate ardentemente leggerla. Basta. un'ultima cosa: Sakuraiba PER LA VITA. stop.
Capitoli precedenti:HERE



Stai guardando anche tu questa guerra che non conosce fine? )

-Forza, andiamo dentro. - Disse Aiba quasi sconfitto.

Promesse rotte.

-Eh? Ma Sho-kun non è ancora qui.- disse Nino puntualizzando l’evidente – Anche se lo stiamo aspettando da dieci minuti.

Avevano deciso di uscire tutti insieme una sera per andare a mangiarsi qualcosa, visto che ultimamente erano sempre più sommersi dal lavoro. Specialmente Sakurai, che aveva accettato la proposta con grande entusiasmo.

-Visto che non ci ha mandato e-mail e non ha chiamato, vuol dire che verrà. – fece Ohno – Dopotutto, aveva detto che sarebbe venuto.

Si era dettola stessa cosa anche lui, l’ultima volta, e non era venuto comunque, rispose Aiba mentalmente. Ghignò.

-Questo è Sakurai, signori! Probabilmente è troppo impegnato con il suo piano per la dominazione del mondo e non ha potuto contattarci o rispondere alle nostre chiamate! – disse con leggerezza. –Andiamo!

Detto ciò, iniziò a camminare.

Scuse non dette.

-Ehi, Aiba-chan!- sentì Nino chiamarlo.

-Avanti, Nino!- replicò senza guardarsi indietro e senza fermarsi.

-Idiota! Il ristorante è dalla parte opposta!

Si fermò e diede loro un sorriso idiota. Maledetto bastardo.

 Notando gli sguardi preoccupati che Ohno e Nino si stavano lanciando l’un l’altro, li assicurò di nuovo.

-Va bene così, davvero.

Scuse non fatte.

Quanto riuscirò a resistere? Quanto dovrò aspettare?

Vedendo l’assenso nei loro occhi, Aiba ghignò, si voltò e wham! Sbattè contro una colonna.

Quanto vuoi farmi aspettare e soffrire in silenzio?

-Stai bene?

Domandò Nino accostandosi a lui.

Ghignò in risposta facendolo irritare. Perché doveva fingere così?

Sono così idiota.

-Lo stavo chiedendo alla colonna, baka, non a te.

Il sorriso del ragazzo svanì.

-Nino-chan! Una simile crudeltà!

-Jun-kun – fece Ohno a bassa voce, in modo da non farsi sentire dagli altri due – Che facciamo?

Jun osservò per qualche istante il ragazzo intento a discutere con un irritato Nino.

-Lasciamolo solo.

Rispose, lasciando il più anziano a contemplare la sua insolita insensibilità.

-Ma...

-Più mostriamo la nostra preoccupazione, più lui finge. È quel tipo di idiota che non vuole far preoccupare gli altri con i suoi sentimenti, ma alla fine finisce per farlo comunque.

-Però...

-Ignoralo e basta, Ohno-kun.

-Ci proverò...

Disse mentre sperava che Aiba mostrasse ciò che sentiva e non lo nascondesse. Dopotutto erano suoi amici, giusto?

 

Alla fine della loro uscita, Nino propose ad Aiba di riaccompagnarlo a casa, e visto il pericoloso luccichio nei suoi occhi, un suo rifiuto avrebbe forse significato dolore e morte?

I due finirono per bighellonare fuori da un combini aperto fino a tardi a un isolato dalla casa di Ninomiya.

Il più giovane si sedette su una panchina e stiracchiò le braccia verso l’alto e le gambe in avanti prima di guardare intensamente il suo compagno.

-N-nani?

-Ne? Che mi dici di te e Sho-kun?

Forse era la luna piena e il cielo stellato, forse era perché aveva bevuto un po’ troppo, forse era che stare da solo con Nino lo aveva riportato ai vecchi tempi, quando tornavano a casa assieme ogni giorno... o forse era perché era quasi al limite. Qualsiasi cosa fosse, lo fece parlare.

-Sho-kun è un bastardo che sta sviluppando la tendenza a rompere le promesse fatte mentre io... io sono un fottuto idiota! Odio tutto questo, ma...

-Ma non lo odi nonostante tutto.

Rispose Nino con un tono comprensivo, così poco da lui. Annuì.

-Ma lo vorrei!

Kami! Lo voleva disperatamente, in modo da poter un po’ alleviare il suo dolore.

-Vorrei sapere quanto valgo per lui... sempre che valga qualcosa per lui.

-è così, ne sono sicuro.- si domandò se Aiba fosse cosciente delle lacrime che stavano solcando le sue guance.

-Deve essere doloroso, ne, Aiba-chan?

Per quei sentimenti che non possono essere espressi a parole...

Impulsivamente, avvolse le braccia intorno al suo amico, sorprendendolo.

-Non fraintendermi, baka. Non lo sto facendo per qualche ragione romantica.

-Allora perché?

-Chi lo sa...

Ormai non lo sapeva più nemmeno lui. Come si scostò, squillò il cellulare di Aiba.

-è lui! – mormorò il ragazzo fissando lo schermo illuminato.

 Non volendo far sapere a Sho che stava piangendo, disse a Nino di rispondere alla chiamata. Nel momento in cui il ragazzo lo fece, riuscì a sentire l’improvviso scendere di temperatura dall’altra linea.

-Nino?

-Ehilà.

-Dov’è Aiba-chan?

-Gli ho chiesto di accompagnarmi, quindi è da me.

Rispose, ricevendo un cenno di approvazione da parte di Aiba mentre Sakurai... era lui o la temperatura era scesa ancora di più?

-Gli puoi dare il cellulare, per favore?

Mimò con la bocca le istruzioni ad Aiba, che gli mimò a sua volta la risposta.

-Ora è in bagno.

-Ok, allora lo aspetto.

-Ok.

-...

-...

-...

-Dal momento che stiamo aspettando entrambi la stessa persona, perché non mi dici come mai oggi non ti sei fatto vedere?

-Ho avuto da fare.

La presa sull’apparecchio si fece improvvisamente più stretta, mentre una vena pulsava pericolosamente sulla sua tempia sinistra.

-Hai preso per il culo Aiba-ch...

Non finì la frase poiché Aiba gli aveva strappato il telefono dalle mani.

-Sho-kun.

-Finalmente. Quanto tempo pensavi di farmi aspettare?

Aiba si accigliò per un momento, poi esplose.

-Parli come se tu non mi avessi fatto aspettare! Anzi, hai fatto aspettare tutti!

-Aiba-chan. – Sho, notando di aver detto le parole sbagliate, tentò di interromperlo, ma quello non glielo permise.

-Non ci hai nemmeno richiamato!

-Aiba-chan.

-D’ora in poi non ti aspetteremo più!

-Ehi!

-Puoi andare al diavolo!

E detto ciò, un Aiba fumante di rabbia riagganciò mentre Nino gli lanciava uno sguardo incredulo.

-Sta suonando di nuovo- gli fece  notare.

Stupido bastardo!

-Che c’è?

Abbaiò.

-Voglio vederti.

Disse rapidamente, temendo che l’altro buttasse giù di nuovo.

-Non sono dell’umore adatto, stasera.

-Domani pomeriggio, allora. Intorno all’una?

Aiba ammutolì per un paio di secondi prima di accettare. –All’incrocio vicino a casa tua?

-Sì- come se si stesse scusando indirettamente, Sho aggiunse – è un appuntamento, allora.

Arrossendo leggermente, Masaki rispose: -Non lo chiamerò appuntamento fino a che tu non sarai con me domani.

-Come vuoi.

Fece prima di riagganciare. Guardò i documenti sparsi sul suo tavolo e sospirò. Del lavoro in più gli aveva impedito di uscire... ma nonostante questo fatto, non odiava il lavoro. Era irritato? Sì, ma non lo odiava. Gli piaceva farlo. E per domani? Takeshi-san gli aveva detto di partecipare a una conferenza da spettatore, dicendo che gli sarebbe stato molto utile, e lui ovviamente aveva accettato, ma confidava nel fatto che finisse prima dell’una. Allora avrebbe visto Masaki.

 

Il manager fissò Sakurai che continuava a guardare furtivamente il suo orologio mentre stringeva ed allentava le mani. In un basso mormorio e con le labbra che si muovevano impercettibilmente, disse:

-Smettila di agitarti.

-Sumimasen, Takeshi-san.

Guardò nuovamente l’orologio. Maledizione! Mancava meno di mezz’ora all’una e la conferenza non sembrava stesse per finire presto. Fulminò l’uomo di mezza età che stava parlando decisamente troppo per i suoi gusti.

Guardò nuovamente l’orologio. Aiba o quello?

Scattò in piedi attirando su di sé lo sguardo di tutti i presenti. Fece un inchino al suo manager e poi agli altri, e se ne andò velocemente.

Stupido. Pensò Takeshi-san mentre osservava il cellulare del ragazzo sul pavimento.

Una corrente di imprecazioni attraversò la mente di Sho quando mise la mano in tasca per prendere il cellulare, non trovandolo. Doveva essere caduto, pensò. Senza, non poteva né chiamare né mandare e-mail. Guardò l’orologio. Più o meno il treno su cui era sarebbe arrivato sedici o diciassette minuti in ritardo, e ciò voleva dire che avrebbe ritardato di venti minuti.

Cazzo!

‘Noi non ti aspetteremo!’

Chiuse gli occhi, appoggiando la testa al finestrino.

Aiba-chan, questa volta... questa volta, aspettami. Sto arrivando.

 

Masaki sospirò come ascoltò il messaggio registrato dall’altra linea. Dio! Era così stupido. Avrebbe dovuto saperlo... avrebbe dovuto respingere Sho, ma era stato confuso da quelle parole.

Sono così stupido.

Alla fine, realizzò quanto non contasse nulla per l’altro.

Ma lui non avrebbe pianto. Non questa volta. Piangere era per chi aveva il cuore spezzato e lui non ce l’aveva. Infatti, sembrava essere divertito da tutto questo, in un modo masochista. Aveva un piccolo sorriso sul viso che divenne un ghigno all’improvvisa doccia. Osservò la gente che corse via in cerca di un riparo dalla pioggia.

Una signora anziana avanzò verso il punto in cui si trovava, che si era affollato. Vedendo che non c’era spazio per lei, Aiba le offrì il suo posto, sorprendendola. Sorrise appena e corse sotto la pioggia per comprare un ombrello.

Stai guardando questa guerra che non conosce fine?

Sho ora aveva capito che quello era proprio un giorno no. Prima, la conferenza, poi il suo cellulare e ora un’improvvisa doccia. Gli dei si stavano sicuramente divertendo a vederlo correre nella pioggia, bagnato e in ritardo. Raggiunse il luogo dell’incontro e scannerizzò il mare di persone in cerca di un volto familiare. Il suo cuore si fermò. Aiba non era da nessuna parte. Si voltò a lato poi si bloccò. Masaki...

Aiba sussultò il secondo in cui il suo polso sinistro venne afferrato e fatto voltare. Boccheggiò.

-Meglio tardi che mai, giusto?

Disse Sho tra gli ansimi. Osservò quelle iridi castane sgranare di felicità e sollievo.

-Sei venuto...- mormorò.

Sho era lì, in piedi davanti a lui, bagnato e con addosso un abito elegante. Sentì una mano pallida scivolare dal suo polso alla sua mano per stringere leggermente le sue dita, nascoste da sguardi indiscreti dalle lunghe maniche del giaccone. Quando il suo ragazzo si passò una mano tra i capelli scuri e bagnati, il suo cuore perse un battito.

-Bene. Sono qui, con te.

-Sì.- distogliendo lo sguardo da quegli occhi intensi, Masaki mormorò: -è un appuntamento.

In qualche modo il loro piano iniziale di vedere un film e mangiare qualcosa si tramutò nell’andare dritti dritti a casa di Sakurai. Nella sua stanza, si diedero e presero piacere. Mentre uno dei due cercava perdono, l’altro chiedeva rassicurazioni ancora e ancora mentre cadevano in paradiso.

Sho si stava alternando tra spinte rudi e gentili, mentre Masaki non riusciva a decidere quali gli piacessero di più, ma non aveva importanza. Sho era sopra di lui, intorno a lui, dentro di lui, e questo era sufficiente. Più che sufficiente.

Per ora.

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Disclaimer: vedete questa mano? *alza la mano che usa per scrivere e scrocchia le dita* un giorno questa mano mi aiuterà a dominare tutto il Johnny Jimusho!
Inizierò dagli Arashi!
Lettori: *arretrano lentamente* ehm, Rosa-chan... hai preso le medicine stamattina?
Autrice: uh *sbatte le palpebre* Sì...
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Note: che dire? Non ho mai scritto delle long fic sugli Arashi, spero sia uscita decentemente. in realtà non ho finito di scriverla, ma non temete, la finirò, SO che desiderate ardentemente leggerla. Basta. un'ultima cosa: Sakuraiba PER LA VITA. stop.
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-Aiba-chan... ่ come il Sole, no?  )

Quando entrò nel camerino del Riida, lo trovò sepolto con Nino in una nuvola fiorita.

-Ohayo, Sho-san!

Esclamò Ohno cercando di districarsi tra i mazzi di fiori.

-Questi cosa...?

-Fan.

Spiegò Nino buttando a terra i fiori che lo sommergevano e alzandosi in piedi.

-A quanto pare il nostro Captain ultimamente ha molto successo...

Sogghignò ancora Ninomiya facendo assumere a Ohno una faccia alquanto orgogliosa, anche se cercava di non darlo a vedere.

-Così pare... però sono davvero tanti, non so dove metterli...

Fu allora che Sho notò lo sguardo di Nino fisso su di lui, come se volesse dirgli qualcosa; qualsiasi osservatore avrebbe pensato che il ragazzo stesse flirtando con lui con il solo sguardo.

-Sono sicuro che da te se lo aspetti.

Disse poi Nino, interrompendo il silenzio che si era creato nella stanza.

-Eh?

Fecero Ohno e Sakurai all’unisono, non capendo a cosa si stesse riferendo.

-Se io fossi la tua metà, sarei deluso...

Ah! Sho capì in quel momento cosa Nino gli stava suggerendo di fare. Ma era una cosa assurda! Così vergognosa e stupida che non gli sarebbe mai venuta in mente.

-Secondo il  mio punto di vista...

-Conosco il tuo punto di vista, Nino, grazie. Ma non ho intenzione di fare una cosa simile. Lui mi conosce.

-Appunto, ti conosce e sa che una persona seria e imbalsamata come te non farebbe mai una cosa del genere.

-Non forziamo Sho-kun, ne?

Intervenne Ohno quando notò come Sakurai si fosse teso al tono provocatorio di Nino, il quale lo guardò con rimprovero, chiedendogli tacitamente da che parte stesse.

 

-Aiba-chan, sbagli sempre il solito movimento, non è possibile...

Esclamò esasperato Jun. Erano quasi le sette di sera, ed erano nella sala prove già da due ore: Aiba dopo pranzo lo aveva implorato di aiutarlo a ripassare una coreografia, visto che era stato ormai abbandonato dal coreografo, stufo di combattere una guerra persa in partenza.

-Mh? Come, questo?

Continuò a fare lo stesso movimento due o tre volte, sbagliandolo sempre. Jun lo osservò ridicolizzarsi fino a quando il ballerino dentro di lui non si offrì di dargli una mano. Si alzò in piedi e gli si accostò, poggiandosi alla sua schiena e afferrandogli i fianchi.

-I fianchi stanno fermi, devi muovere solo il busto.

Poteva sentire le ossa sporgenti delle anche sotto il leggero tessuto della maglietta di Aiba, sentiva la schiena dell’altro muoversi contro il suo petto. Che agonia! Essere così vicino ad Aiba al punto di sentire il calore emanato dal suo corpo, da poter vedere ogni singola goccia di sudore che scendeva lungo il suo collo... era dolorosamente dolce. Per un paio di volte fu tentato di prendere, anche con la forza, ciò che non poteva avere, ciò che gli era proibito... ma non lo fece. Ignorò l’urgenza, perché lui rispettava Sho e Masaki.

 

Era quasi ora di andare via quando Aiba rientrò nel suo camerino, sudato come non mai, ma abbastanza soddisfatto; la coreografia, grazie all’aiuto di Jun, non era andata così male. La sua intenzione era di entrare a prendere un cambio per poi filare in doccia, ma si immobilizzò quando vide ciò che c’era su un tavolino: un girasole. Non un mazzo di girasoli, uno solo. E accanto a esso, un bigliettino dove, con una calligrafia che gli fece sbattere il cuore contro il petto, una sola parola: ‘Baka’.

 

-Avete visto Sho-kun?

Chiese spalancando la porta del camerino di Ohno, non facendo nessuna domanda sulla quantità di fiori che lo invadevano. Quando Nino e Ohno scossero la testa, fuggì via correndo per il corridoio, tenendo tra le mani quell’unico girasole.

Ohno osservò Nino, che aveva lo sguardo piantato sulla porta.

-Come mai hai consigliato a Sho-kun proprio un girasole?

Consigliato era una parola grossa, visto che gliel’aveva praticamente infilato tra le mani e lo aveva spinto fuori dalla stanza.

-Conosci il mito di Apollo e Clizia?

Scosse la testa.

-Clizia era una ninfa innamorata di Apollo, Dio del Sole, il quale però la trascurava per recarsi da un’altra fanciulla, figlia di un re; allora, gelosa, Clizia svelò al re l’unione di sua figlia con il Dio Sole, e questo la fece seppellire viva. Apollo, però, perduta la sua amata, non volle più vedere Clizia, la quale cominciò a deperire, rifiutando di nutrirsi e bevendo solamente la brina e le sue lacrime. La ninfa trascorse il resto dei suoi giorni seduta a terra ad osservare il dio che conduceva il carro del Sole in cielo senza rivolgerle neppure uno sguardo, finché, consumata dall’amore, si trasformò in un fiore, che cambia inclinazione durante il giorno secondo lo spostamento dell’astro nel cielo, e perciò è detto girasole.

Si girò verso di lui, fissandolo con un sorriso mesto.

-Aiba-chan... è come il Sole, no? Chiunque non può fare a meno di desiderare di scaldarsi alla sua luce.

-Perché...?

Sussurrò Ohno, improvvisamente serio, guardandolo con un’aria quasi spaventata.

-Perché cosa?

-Tu... Aiba-chan...

Scrollò le spalle, come a fargli capire che non gli importava granchè.

-Voglio che sia felice.- disse semplicemente. Si lasciò sfuggire un’esclamazione sorpresa quando Ohno lo abbracciò improvvisamente.

-Riida... che diavolo...?

-Gome, Nino-chan...

-Eh?

-Io... non mi sono reso conto che anche tu stavi soffrendo... gome...

Disse con voce impastata di lacrime mentre affondava il viso nell’incavo tra il collo e la spalla; Nino sentì le mani dell’altro stringersi sulla sua maglia, sentì le sue braccia avvolgerlo completamente in un abbraccio protettivo... posò le sue braccia sulla schiena di Satoshi, stringendolo a sua volta in un modo quasi disperato.

Sentì tutta l’ansia che aveva provato in quelle settimane piombargli addosso tutta insieme, facendogli lacrimare gli occhi. Faceva male. Faceva così male.

Affondò il suo viso tra i capelli morbidi di Ohno, cercando di nascondere le sue lacrime.

 

La porta del suo camerino non fece in tempo a richiudersi, che Aiba gli si buttò addosso con tutto il suo peso, seppur esiguo.

-Che diavolo...?

Le sue parole furono bloccate dalle labbra di Aiba che si posarono sulle sue, intensamente, voracemente. Si staccò dopo poco, sistemandosi meglio su di lui per non perdere l’equilibrio, e gli fece scorrere arditamente il girasole sulla guancia, il volto illuminato da un sorriso.

-Sei tutto sudato, che stavi facendo?

-Ah! Gome! – esclamò, rendendosi conto di essere completamente zuppo mentre il compagno era lindo. -Stavo provando dei passi con Matsujun.

-Baka... potevi farti una doccia prima di correre qui.

Ma non lo disse in tono di rimprovero, bensì con un sorriso.

-Non puoi aspettarti che non mi precipiti da te dopo quello che hai fatto- sventolò il girasole – Non me l’aspettavo... Arigatou!

Quando le labbra di Aiba di poggiarono nuovamente sulle sue, il cervello di Sakurai elaborò un unico pensiero, prima di spegnersi completamente.

Devo un favore a Nino.

 

-Takeshi-san...

Vide come lo sguardo del suo assistente era posato sulla pila di libri e plichi di fogli che teneva tra le braccia.

-Sì?

-Ehm... sono tutti per Sakurai-san quelli?

Annuì. –Mi sembra naturale. Per chi altri potrebbero essere?

-Ma... non pensa che siano un po’... troppi? Ha già tantissimi impegni senza che si aggiunga anche...

-Se vuole diventare un giornalista serio dovrà farlo. Ovviamente nessuno glielo impone, la scelta spetta a lui... Ma se vuole provare a intraprendere anche questa strada, e così mi sembra di aver capito, dovrà lavorare sodo...

 

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Autrice: uh *sbatte le palpebre* Sì...
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La mia passione per te è come il deserto: inestinguibile... insaziabile...

-Non sono dell’umore adatto, Aiba.

Sbottò Sho mentre gentilmente, ma con fermezza, allontanava Aiba da sé. Quello, che desiderava dare il via a un bacio, e magari anche a qualcosa di più, chinò la testa, sconfitto. Alcuni ciuffi di capelli nascondevano i segni di delusione e dolore presenti nei suoi occhi.  Quante volte era stato rifiutato? Quante volte ci aveva provato sperando che la reazione sarebbe stata differente dalla precedente? Ne aveva perso il conto ma la sofferenza era intensa ogni volta come la prima. Avrebbe ormai dovuto impararlo. Avrebbe dovuto averci fatto il callo. Avrebbe dovuto capire che Sho non cercava alcun tipo di intimità con lui dopo quella notte.

-Dovresti leggere un po’ anche tu, sai?

La voce di Sakurai si fece strada tra i suoi pensieri; come uno zombie, afferrò il quotidiano che il ragazzo gli aveva avvicinato e fece quanto gli era stato detto, ma la per la sua mente il discorso era diverso. Sho e la sua freddezza dominavano e monopolizzavano i suoi pensieri.

Tutto era iniziato il giorno dopo quella notte. Aveva pensato che ora che aveva concesso tutto al suo ragazzo, lui sarebbe tornato desiderandone ancora, ma si era sbagliato. Dolorosamente sbagliato. Quando lo ebbe capito, i loro incontri di baci e piacere se ne erano andati con la loro intimità, svanita come una bolla di sapone. Erano stati amanti per una volta solo ed il loro stare assieme non era che apparenza. Cosa aveva fatto per arrivare a questo? Sho non l’aveva trovato attraente? Era arrivato alla conclusione che era noioso dentro e fuori dal letto? O forse non gli piaceva più? No, doveva piacergli ancora. Di questo Aiba ne era certo. Allora, perché? La sua mano cadde senza vita quando arrivò alla conclusione che Sho non lo voleva più.

Poteva esistere attrazione senza desiderio? Guardò di soppiatto il ragazzo affianco a sé. Sospirò mentalmente. Non voleva che le cose tra loro fossero platoniche, ma...

Prese silenziosamente il respiro e ricacciò indietro le lacrime. Quando il desiderio diventava a senso unico, feriva in un modo che era difficile capire per chi non lo provava di persona, in un modo che lui non voleva capire. Era uno stupido. Vicino a uno Sho così adulto e controllato, appariva come uno sciocco adolescente con gli ormoni impazziti. Che imbarazzo! Non poteva sopportare di stare con lui ora! Proprio non poteva, non quando le cose gli erano diventate così dolorosamente chiare.

Sho alzò a malapena lo sguardo quando Aiba si alzò di scatto e uscì senza una parola dal suo camerino. Sospirò quando la porta si chiuse alle sue spalle. Lanciò uno sguardo alla stanza che era vuota esattamente nel modo in cui si sentiva dentro di sé. Batté un pugno sul tavolo in frustrazione. Maledizione! Perché non riusciva a dirlo?

Mi dispiace, Aiba-chan...

 

Quando Aiba non rispose alle sue chiamate, Sho cominciò a preoccuparsi. Ovviamente, non era questa la ragione per cui si trovava di fronte al suo appartamento. Si trovava semplicemente nei paraggi e aveva deciso di farci un salto. O almeno questo era quello che avrebbe detto al ragazzo se gli avesse chiesto il motivo per cui si trovava lì.

Tuttavia, alla porta non rispose mai nessuno.

Dove sei?

 

E mentre Sho si domandava dove fosse, Aiba stava passando il tempo a casa di Jun. Il più giovane sedeva silenzioso in attesa che l’altro parlasse; sapeva che qualcosa lo turbava dal momento in cui lo aveva chiamato chiedendogli se aveva un po’ di tempo per lui. Lo guardò afferrarsi la testa ringhiando.

-Odio quel bastardo!

Disse in un tono che Jun riconobbe come frustrato e sofferente; anche se Aiba odiava Sakurai, la voce con cui lo affermava sapeva d’amore, perché odio e amore camminano mano nella mano, e sono fatti per completarsi a vicenda.

-Che ha fatto questa volta?

Decise di chiedere ciò che Aiba voleva sentirsi chiedere. Si sedette di scatto accanto a lui girandosi in modo da vedergli il viso. Era giusto dire tutto a Matsujun? Anche di quella notte? Si convinse che sì, era più che giusto. Lui avrebbe capito.

Senza tralasciare nulla, gli raccontò tutto.

Non c’erano emozioni che attraversavano o disturbavano l’espressione tranquilla di Jun. Rimaneva seduto lì ascoltando la storia del suo amico... sedeva come se non ne fosse in alcun modo sfiorato. Le ferite aperte dal semplice scoprire che quei due erano una coppia erano ancora aperte e il racconto di Aiba le faceva sanguinare di più. La notte passata assieme non aveva fatto altro che rafforzare il loro rapporto, dimostrandogli che non avrebbe mai avuto alcuna opportunità con Aiba... non che lui ne avesse mai avuta una. Alla fine, tutto ciò che poteva fare era sacrificarsi per la loro felicità. Era doloroso, ma era la sola cosa che poteva fare.

-Intendo, un momento sembra non poter fare a meno di me, e dopo, quando sono io a volere lui, si rifiuta di fare qualsiasi cosa. Sono ripugnante o disgustoso, Jun-kun?

Fece frustrato alzandosi in piedi e allargando le braccia in modo da farsi vedere.

-Tu sei a posto, Aiba-chan. - gli rispose tranquillo.

Scosse la testa.

-Prova a pensare come quello lì. C’è qualcosa nel mio corpo che ti da fastidio? Forse sono troppo magro...

Rimuginò prendendosi il meno in una mano.

-Non mi viene in mente nulla del genere.- rispose, forse un po’ troppo in fretta per i suoi standard. Gemette frustrato per poi ruotare gli occhi e in un secondo momento posarli sul corpo dell’amico nel modo in cui aveva sempre fatto, discretamente e in modo silenzioso.

-Se fossi in lui, non smetterei di desiderarti.

E l’intensità e la sincerità della sua voce avrebbero dovuto far si che Aiba si domandasse se il ragazzo stesse parlando per se stesso in quel momento o per Sho, ma era troppo occupato a sbrogliare quella matassa di mistero che era il suo ragazzo per soffermarsi su certe “piccolezze”.

-Allora perché non mi vuole nemmeno toccare?

Jun si accigliò: era stanco. Il continuo blaterare di Aiba a proposito di Sho lo stava ferendo nei sentimenti.

Non riusciva a vedere ciò che gli stava facendo? Ovvio che non ci riusciva: aveva occhi solo per Sakurai.

-Aiba, io non sono Sakurai-san.

Disse ironicamente quando tutto ciò che voleva fare era urlarlo. Voleva urlare quanto desiderava essere quel ‘Sakurai-san’ ai suoi occhi; che lo amava e voleva il suo amore, che non lo avrebbe fatto mai soffrire. Voleva urlarlo fino a che la sua gola non fosse stata secca e dolorante, fino a che non avesse sanguinato come il suo cuore. Perché l’amore era così doloroso?

Aiba sorrise, ignaro del silenzioso dolore dell’amico.

-Gome, Jun-kun. È che io non sono intelligente come te...

Scrollò le spalle, mentre Aiba si avvicinava a una delle finestre del salotto.

-La luna è bellissima- disse quasi senza fiato. Era così grande e luminosa.

Jun gli si avvicinò, guardando anche lui verso il cielo.

 Sì, la luna era così bella e incantevole. E a causa della bellezza radiosa della luna, le persone non prestavano attenzione al fascino delle stelle che la circondavano. Tutto ciò che riuscivano a vedere era la sua gloria eterea. Voltò lo sguardo a lato e osservò l’amico, i cui occhi erano ancora rivolti alla luna. Aiba era esattamente come tutti gli altri, cieco allo stelle.

Fissò il suo pugno stretto.

Perché devo essere le stelle ai tuoi occhi, quando voglio essere la luna?

 

Occhi dorati fissavano Sho che stava bloccando la strada pretendendo di sapere dove fosse stato la notte precedente.

-Non vedo nessuna ragione per cui dovrei dirtelo.

Gli rispose Aiba incrociando le braccia al petto.

-Ho aspettato davanti alla porta di casa tua per quasi un’ora, baka!

-Mica ti ho chiesto di aspettarmi!

-Stai forse cercando di provocarmi?

Ringhiò Sakurai. Detestava quando Aiba si comportava in modo così infantile e si dimostrava più testardo del solito. –Ero preoccupato, accidenti.

Aggiunse indietreggiando. Era così difficile dire ad Aiba quanto era stato in pena per lui, quando non sapeva dove fosse; perché l’altro non riusciva a rendersene conto?

L’ammissione avrebbe dovuto riscaldare il suo cuore, se non fosse che gli era sembrata come costretta a uscire dalla bocca di Sakurai. Distolse lo sguardo.

-Lasciami passare, Sakurai, devo andare a lavorare. Non ho tempo da perdere al momento.

Ringhiò quando si trovò sbattuto contro il muro. Sollevò lo sguardo per fissarlo con freddezza su colui che lo teneva come ostaggio.

-Lo stesso vale per me. – ribattè – quindi è meglio che tu mi dica dove sei stato la notte scorsa.

-Perché vuoi saperlo?

-Perché non me lo vuoi dire?

Insistè Sho avvicinando ulteriormente il suo viso a quello di Masaki; il suo si dimostrò essere un gesto avventato quando i loro fiati si mischiarono e le loro labbra si ritrovarono ad essere quasi sovrapposte. Aiba combattè la necessità di chiudere gli occhi e unire le loro labbra. No, non avrebbe perso il controllo quando sapeva cosa l’avrebbe aspettato. Non avrebbe cominciato un bacio che sapeva sarebbe stato rifiutato.

Sho sobbalzò silenziosamente: desiderava fondere le loro labbra, ma sapeva di non dovere. Era così doloroso sapere di non poter toccare ciò che era suo... ciò che gli era stato concesso gratuitamente. Poteva leggere delusione in quegli occhi che lo fissavano inquisitori.

-Aiba...

Sussurrò mentre sollevava una mano per accarezzare la guancia liscia, ma velocemente si ritirò prima che il contatto avvenisse. Il gesto incompiuto fece gridare di dolore il cuore di Masaki. Cos’era che tratteneva Sho?

Questo era troppo. Non poteva più aspettare, ne aveva abbastanza.

-Lasciami andare, Sakurai.

Sussurrò distrutto mentre allontanava da sé l’altro ragazzo e lo superava.

Sho indietreggiò ma si riprese rapidamente per allungarsi e prendere la mano dell’altro ragazzo, ma tutto ciò che afferrò fu aria. Per quanto desiderasse correre dietro ad Aiba, non lo fece. Anche se lo avesse raggiunto, cosa avrebbe fatto? Nulla... o almeno, nulla di quello che Aiba voleva che facesse. Maledizione! Perché si tratteneva? La sua parte razionale fu subito pronta a suggerirgli la risposta... era tutto per Masaki.

 

 

 


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Titolo: Love Chronicles
Fandom: Arashi
Genere: yaoi, lemon, e diciamo romantico, ma non troppo
Rating: PG-13
Pairing: indovinate un po'? Ebbene sì, ANCORA Sakuraiba. Ma attenzione, non solo!
Disclaimer: vedete questa mano? *alza la mano che usa per scrivere e scrocchia le dita* un giorno questa mano mi aiuterà a dominare tutto il Johnny Jimusho!
Inizierò dagli Arashi!
Lettori: *arretrano lentamente* ehm, Rosa-chan... hai preso le medicine stamattina?
Autrice: uh *sbatte le palpebre* Sì...
Lettori: .......*silenzio*
Autrice: ehm........ ARASHI FOR DREAAAAAM!!!!! *corre come un demonio*
Note: che dire? Non ho mai scritto delle long fic sugli Arashi, spero sia uscita decentemente. in realtà non ho finito di scriverla, ma non temete, la finirò, SO che desiderate ardentemente leggerla. Basta. un'ultima cosa: Sakuraiba PER LA VITA. stop.
Già postati: 01 02 03

Tutto ciò era strano. Decisamente strano.

Nino non parlava delle solite stranezze, perché nel caso degli Arashi esse equivalevano a normalità, specialmente visti i soggetti in questione. No, lui si riferiva al modo peculiare in cui Aiba e Sho si stavano trattando quella mattina.

Le loro conversazioni gli davano la sensazione che ci fosse un messaggio implicito e che i contatti tra i loro occhi sembrassero avere propositi nascosti. In effetti, però, non è che si comportassero in maniera differente. Solo... l’atmosfera era diversa. Per tutti quelli che lavoravano abitualmente con loro poteva essere del tutto normale. Ma lui non era certo ‘tutti’.

Lanciò un’occhiata a Ohno: lui di certo non se n’era reso conto. Poi il suo sguardo si posò su Matsumoto, personaggio già più problematico: se lui si era reso conto di qualcosa, di certo non lo dava a vedere.

Gli si avvicinò, sussurrando in modo da non farsi sentire dagli altri.

-Quei due sono strani.

-Vuoi dire più seccanti del solito?

Mormorò quello in risposta, dimostrando inconsapevolmente che anche lui aveva notato il cambio di atmosfera; era palese che le cose fossero in qualche modo cambiate, specialmente se si considerava che negli ultimi giorni quei due non avevano fatto altro che evitarsi mentre ora andavano d’amore e d’accordo. Ma non poteva certo dire in che modo fossero cambiate.

Di certo aveva a che fare con il discorso che Aiba gli aveva fatto circa i suoi sentimenti; probabilmente era venuto fuori che Sakurai lo ricambiava, ma non ne aveva la certezza. Il fatto che Aiba, dopo essersi confidato con lui e aver ricevuto tutto il suo supporto, gli tenesse dei segreti, gli causava un disagio nel cuore come delle increspature sulla superficie dell’acqua.

Ma, in effetti, non erano affari suoi, quindi perché Aiba avrebbe dovuto dirgli qualcosa? Lui non aveva il diritto di pretendere nulla.

 

-Jun-kun! Jun-kun!

Si fermò sulla soglia del camerino sentendosi chiamare dalla voce di Aiba. Si voltò per guardarlo correre verso di lui agitando le braccia e notò che dietro di lui, Sakurai camminava con le mani nelle tasche.

-Nani?

Si fermò davanti a lui poggiando le mano sulle ginocchia per prendere fiato.

-Ecco... insomma, magari non te ne frega niente, ma...

-Ci stiamo frequentando.

Intervenne Sho, chiudendo in breve la questione. Non ascoltò le lamentele di Aiba per il fatto di essere stato interrotto, ma si limitò a fissarli stupidamente mentre il cervello assorbiva lentamente l’informazione.

Poi Aiba tornò a rivolgersi a lui –Ti sembrerà strano che lo veniamo a dire proprio a te, ma l’altro giorno mi hai ascoltato con tanta pazienza, Jun-kun, mi sei stato vicino. Te ne sono stato tanto grato, quindi...

-Aiba, stai zitto.

Disse Jun con calma facendo tendere i due ragazzi. –La tua voce impanicata mi da sui nervi.- proseguì inclinando il capo di lato. Sbuffò. Che patetico. –Non mi interessa se voi due vi sposerete o che so io.

-Eh?

Chiese Sho, mentre Aiba, evidentemente felice della reazione ottenuta, saltò verso l’amico e lo abbracciò fino alla morte.

-Ehi, tu, faresti meglio a lasciarmi subito se non vuoi che ti stacchi le braccia.

Lo minacciò Jun, ma le sue parole furono vane, perché continuava a essere stritolato dall’abbraccio del più grande; e quando pensò che stesse per morire prima di aver potuto portare a compimento la sua minaccia, ecco che Aiba lo mollò.

-Cercavi di uccidermi?

-Sono solo felice. Perché Jun-kun mi ascolta sempre!

-Mh...

In quel momento il cellulare di Aiba squillò , quindi il ragazzo si dovette allontanare per rispondere.

-Sho-san...

Disse Jun; la sua espressione e la sua voce improvvisamente serie. Sakurai spostò la sua attenzione su di lui, i loro occhi si incontrarono; anche se gli occhi neri di Jun non dicevano niente eccetto silenzio, lui poteva leggere ciò che si celava dietro la loro tranquillità: preoccupazione e insicurezza.

-Non ho bisogno di avvertimenti o minacce. So bene cosa sto facendo.- ghignò – E... non devi preoccuparti. Nessuno di voi deve. La nostra relazione non cambierà nulla all’interno degli Arashi.

Jun ghignò a sua volta, perché era molto più facile che sorridere. Era carino sentir dire cose del genere, ma non sembrava che Sho avesse capito. Diavolo, d’altronde nemmeno lui si comprendeva fino a pochi istanti fa.

Finalmente ho capito, ma è inutile.

-Non ti preoccupare, Sho-san. Sappiamo tutti qual è il nostro posto.

Sì, lo so, e ho capito che non voglio stare dove sono.

 

Mentre camminavano lungo il fianco illuminato della strada dell’edificio in cui provavano, Sho strinse la mano dell’altro nella sua; alla luce del giorno o davanti ad altre persone, non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. Le uniche cose che si poteva permettere erano i soliti gesti che facevano tutti e cinque davanti alle telecamere e che facevano urlare le loro fan; ma si supponeva che quei gesti fossero finzione, e che non esistessero anche nelle loro vite private.

-Ehi. La gente ci vedrà.

Lo avvertì Aiba, insolitamente prudente. Per questo al sua mano rimase inerte, quando invece avrebbe voluto ricambiare la presa. Lo avrebbe voluto così tanto.

-Ora siamo soli.

-Sì, ma chiunque potrebbe arrivare in qualsiasi momento. Che succede se esce Takeshi-san? (ipotetico manager arashico nda) o chiunque altro?

Sho non rispose alle sue domande, e colse le sue labbra non appena svoltarono l’angolo; mentre la sua mente si ribellava a un’azione tanto avventata, il suo corpo si sciolse all’istante nel bacio. Tremò come l’umido muscolo scivolare all’interno della sua bocca; si aggrappò alle spalle di Sho non appena sentì le ginocchia cedere.

-Ora non fai domande...

Lo punzecchiò Sho, il respiro ansimante. Sorrise quando Masaki unì nuovamente le loro labbra e i suoi occhi si chiusero automaticamente, persi nella bellezza di quel gesto condiviso. Fece scivolare la sua mano sul fianco magro dell’altro per avvicinarlo di più a sé. Masaki gemette quando Sho succhiò la sua lingua prima di giocare con essa. Più la sua mente gli ricordava dove si trovavano, più si sentiva eccitato e più i suoi sensi ampliavano le sensazioni che un simile gesto suscitava in lui.

E quando vollero di più e seppero che non potevano averlo, si fermarono e posarono le fronti una contro l’altra, guardandosi negli occhi appannati.

Aiba sollevò le mani e le portò a coppa sul volto di Sho, prima di sospirar e lasciarle ricadere lungo i fianchi. L’ondata di violento desiderio che lo aveva travolto era sotto controllo.

-Andiamo. Anche domani dobbiamo svegliarci presto.

Disse e afferrò il polso di Sakurai, andando poi a stringere la sua mano, che ricambiò prontamente il gesto.

Sotto la coperta dell’oscurità che era divenuta loro alleata, camminarono tranquillamente mano nella mano.

Non voglio lasciare la tua mano così calda.

 

Da una delle finestre, Jun osservava i due ragazzi camminare per la strada; socchiuse leggermente gli occhi quando la mano di Sho si strinse attorno a quella di Aiba, ma non distolse lo sguardo neppure quando il suo cuore iniziò a versare lacrime. E quando sparirono insieme dietro un angolo, si voltò di scatto e si afferrò il petto dolorante.

-Stupido...

Schernì se stesso. Fino alla confessione dei due ragazzi, non si era mai reso veramente conto di essere attratto da Masaki. Credeva di provare per lui una semplice amicizia, un semplice affetto derivante da tutti quegli anni passati insieme. Si era sempre rifiutato di pensare che ci fosse qualcosa più di questo fino a quando Aiba non gli era stato portato via. Si accigliò.

Portato via? Da lui?

Rise all’assurdità del suo patetico pensiero. Tanto per cominciare, Masaki non era mai stato suo.

Forse era sempre stato di Sakurai, anche se pure loro due se n’erano accorti solo in quei giorni.

Sì, forse era sempre stato di Sho, quindi era ovvio che fosse suo anche in quel momento.

Lui? Lui era solo un intruso benaccetto in quella relazione, allo stesso livello di Nino e Ohno. Era solo uno spettatore che aveva un posto in prima fila per osservare come la loro relazione nascosta sotto un’amicizia emergeva simile a un bruco avvolto nel suo bozzolo che diventa una farfalla. Era solo quello- un intruso e un osservatore. Non aveva diritto di essere nient’altro che quello. Doveva capirlo questo! Avrebbe dovuto.

Dannazione!

Lacrime di rabbia scesero dai suoi occhi e Jun cadde sulle ginocchia, piangendo per la sua opportunità perduta.

 

Anche se le mani che ti tengono non sono le mie...

-Jun-kun!

Esclamò Aiba la mattina dopo non appena si incontrarono.

Anche se la persona con cui sei non sono io...

-Ohayo!

-Ohayo.

-Senti, per ieri sera... ti ringrazio!- gli disse sorridendo – E anche per l’altra volta! Mi sei stato davvero d’aiuto. Arigatou.

Fintanto che continuerai ad avere quel bellissimo sorriso sul volto, insegnerò a me stesso di essere felice di questo...

-Ehi... piantala. Guarda che non c’è problema!

E imparerò. Imparerò perché...

-Yeee! Forza, andiamo! Anche oggi ci aspetta una giornata pienissima di lavoro!

Esclamò iniziando a incamminarsi per il corridoio. Poi si voltò verso di lui.

-Vieni?

Perché mi piaci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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Disclaimer: vedete questa mano? *alza la mano che usa per scrivere e scrocchia le dita* un giorno questa mano mi aiuterà a dominare tutto il Johnny Jimusho!
Inizierò dagli Arashi!
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Autrice: uh *sbatte le palpebre* Sì...
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Note: che dire? Non ho mai scritto delle long fic sugli Arashi, spero sia uscita decentemente. in realtà non ho finito di scriverla, ma non temete, la finirò, SO che desiderate ardentemente leggerla. Basta. un'ultima cosa: Sakuraiba PER LA VITA. stop.
Già postati: 01 02


Sho si appoggiò alla porta della sua stanza. Gli ultimi residui di felicità e di piacere provocati da baci innocenti e senza esperienza si disintegrarono ed evaporarono lasciandolo vuoto, colpevole e disgustato.

Corse in bagno e si lavò la bocca per eliminare il sapore di Aiba che prima pensava essere dolce. Si guardò allo specchio e ringhiò alla suo riflesso. Si sentiva disgustato, non di Aiba, ma di se stesso. Non avrebbe dovuto baciare il suo compagno. Non avrebbe dovuto perché era totalmente sbagliato: perché Aiba probabilmente non lo voleva davvero, e perché lui non ne era attratto. Sì, era certo di non esserlo.

A lui piacevano le donne, era così da sempre.

Magari aveva solo voluto provare una nuova esperienza, e si sa, le nuove esperienza vanno vissute con gli amici. Questa era la ragione dietro il bacio e, oh, Kami! Non avrebbe più potuto guardare in faccia Aiba. Come avrebbe fatto, al lavoro?

Aiba, dal canto suo, aveva uno e un solo motivo per evitare l’altro: imbarazzo.

 

Si scambiavano baci attraverso l’immaginazione mentre si ignoravano. La notte, sogni erotici li perseguitavano. Sogni che gli ricordavano il calore dell’altro, la gentilezza e la dolcezza delle loro carezze reciproche, sogni che gli mostravano cosa sarebbe potuto accadere e sogni che li lasciavano eccitati, pazzi di lussuria e vuoti. Entrambi sapevano che ciò che era accaduto tra loro aveva portato la loro amicizia su un altro piano che era a loro così sconosciuto che creava paura e confusione. Questa era un’altra ragione per cui si evitavano.

O meglio: cercavano di evitarsi. Perché erano nello stesso gruppo, e si vedevano quasi quotidianamente per girare i vari show televisivi; dove addirittura dovevano interagire tra loro come se nulla fosse accaduto.

Ma appena le telecamere si spegnevano, ognuno andava per la sua strada.

Dopo esser stato ripetutamente bombardato di domande dagli altri membri del gruppo (che non osavano avvicinarsi a Sakurai, attorniato da un’aura maligna),  Aiba rispose vagamente:

-Sono successe tra me e Sho-chan delle cose che non sarebbero dovute succedere.

Jun quasi si strozzò, dicendosi di non saltare subito alle conclusioni.

-E questo cosa dovrebbe significare?

Domandò Nino. Aiba distolse lo sguardo cacciando via dalla sua mente il ricordo di uno Sho rosso e col fiato corto: il ragazzo non gli era mai sembrato bello come in quell’istante.

-Nino-chan – disse poggiando la fronte sulla spalla del più basso.

-Mh?

-è divertente come le cose siano arrivate a questo punto.

-Stai dicendo cose senza senso.

Disse quello stancamente.

-Le dico perché sono confuso. Mi dispia...

-Non esserlo.

Disse Jun tagliente, interrompendolo. A quel punto, Ohno decise di intervenire ad alleggerire l’atmosfera con un argomento sicuro e familiare.

-Aiba-chan, alla fine hai imparato la coreografia che ti eri perso quando sei stato male?

Questo fece uscire Aiba dal suo stato di depressione e lo fece entrare nel panico: aveva delle enormi difficoltà con la coreografia per via di tutti quei pensieri che aveva! Doveva impegnarsi il doppio del solito, e tutto per colpa di quel bastardo!

Mentre Jun lo guardava mentre si disperava e chiedeva a Ohno di dargli ripetizioni, si chiese se quelli che stava provando erano sentimenti di solitudine e gelosia.

Mi stai lasciando indietro, Aiba-chan?

 

Aiba canticchiava tra sé e sé accennando qualche passo di danza nel corridoio deserto: finalmente aveva imparato completamente la coreografia! Ok, era dovuto restare fino a quell’ora tarda, e il coreografo se n’era tornato a casa prima che lui terminasse perché aveva l’insana voglia di prenderlo a pugni, ma quello che contava era il risultato.

Perso nella sua esaltazione, non si accorse di una scopa per terra che nessuno si era premurato di raccogliere e che lo fece inciampare facendolo precipitare in avanti. Nella caduta, maledisse il personale addetto alla pulizia e... NO. Come poteva maledirli quando lo avevano fatto precipitare dritto dritto tra le braccia forti di Sho, che proprio in quel momento era sbucato dall’angolo?

Il tempo si mosse lentamente.

Dopo tutti quei tentativi di evitare Sho, si era convinto di non sentire affatto al sua mancanza, convinzione che in quel momento era sparita nel nulla. Aveva sentito la mancanza di Sho.  Aveva sentito la mancanza del suo calore. Aveva sentito la mancanza dei suoi baci timidi. Aveva sentito la mancanza della sua passione gentile. Gettando ancora una volta la prudenza al vento, Aiba alzò il volto per incrociare lo sguardo di Sakurai e premette le loro labbra insieme.

Mi sei mancato così tanto.

Sho sobbalzò non appena le labbra a cui aveva tanto pensato entrarono in contatto con le sue. Esistevano almeno un centinaio di ragioni per le quali non si sarebbe dovuto sentire felice, e altre cento per cui non avrebbe dovuto rispondere a quel bacio, ma furono tutte messe da parte dal desiderio che era esploso in lui.

Guidato da quelle emozioni, Sho rafforzò la presa attorno a Masaki e rispose al bacio.

Ti volevo vedere.

In quel momento, il tempo riprese il suo scorrere normale, e la gravità li fece cadere al suolo. Il dolore che l’impatto aveva causato, fu sommerso dalle sensazioni che scorrevano nelle loro vene.

-Sho-chan...

Chiamò mentre si separavano per prendere aria; il suo cuore mancò un battito quando vide quanto era bello Sho con il volto arrossato. Sho guardò nei suoi occhi liquidi e si lasciò annegare in essi. Allungò un braccio per spostare una ciocca di capelli dalla sua fronte prima di mormorare una frase che sembrava più una supplica che un comando:

-Urusai.

Spinse Aiba giù per un nuovo bacio.

Lo costrinse sulla schiena e coprì parzialmente la sua figura con il suo corpo. Portò le mani ognuna su una guancia di Masaki mentre divorava la sua bocca come un uomo affamato. Gli piaceva il modo in cui l’altro tremava quando spingeva la lingua nella sua bocca per duellare con la sua. Gli piaceva... Dio! Gli piaceva ogni cosa di Masaki.

Dopo quello che sembrò un’eternità, si separarono per osservarsi reciprocamente; poteva esserci timidezza nei loro occhi, ma di certo non imbarazzo.

Sho si alzò in piedi, mentre l’altro lo fissava dal basso con aria confusa.

-Andiamo a prenderci qualcosa in un bar.

Non lo aspettò mentre si incamminava lungo il corridoio. Gli occhi di Aiba si erano spalancati a quella domanda. Sho gli stava chiedendo un appuntamento?

-Vieni?- domandò da sopra la sua spalla quando notò che era rimasto indietro. Non mi lasciare proprio ora.

Aiba uscì dal suo stato di trance e lo raggiunse di corsa.

 

Aiba rimase disorientato quando, in mezzo alla strada, superò involontariamente Sho che si era improvvisamente fermato. Stava per girarsi quando venne bloccato dalla voce autoritaria dell’altro.

-No, non voltarti.

Sho fissò la schiena di Aiba mentre cercava il coraggio per fare quello che si era proposto: dovevano chiarire un paio di cose prima di procedere verso il loro primo appuntamento.

Primo appuntamento... E non arrossire, baka.

-Noi siamo amici.

Cominciò, come se stesse leggendo un discorso.

Non si rese però conto del fatto che il cuore di Aiba si era stretto a quella frase. Come poteva dire così dopo che si erano baciati più volte e dopo che gli aveva chiesto un appuntamento? Ma... forse quello non era un appuntamento, ma una semplice uscita tra amici, come quelle che prima avevano fatto tante volte. Si diede dello stupido mentalmente per essersi aspettato troppo. Cosa credeva? Che Sho gli volesse chiedere di stare insieme? Sapeva bene quanto serio e ligio al lavoro fosse il ragazzo. E le relazioni all’interno del gruppo erano seriamente vietate da Johnny-sama. E Sho aveva sempre messo il suo lavoro prima di ogni altra cosa.

Ora lo aveva capito, e sapeva che non c’era possibilità di vittoria per lui.

Inaspettatamente, la sua voce uscì fuori chiara e forte:

-Non devi-

-Lasciami finire. Noi siamo amici, sì, ma siamo anche più di questo.

Il cuore di Aiba sobbalzò e il ragazzo si decise ad ascoltarlo fino alla fine, prima di trarre le sue conclusioni.

-Io... non so bene cosa provo per te. È tutto troppo nuovo e non riesco a dargli un nome. Però so una cosa. – strinse i pugni e prese un respiro profondo prima di continuare –Voglio stare con te. Qualsiasi cosa sia tutto questo... voglio viverla con te. Con nessun altro all’infuori di te perché... perché...

Improvvisamente, il suo cervello lo abbandonò. Maledizione, di tutte le volte, proprio ora doveva spegnersi??

L’esitazione di Sho fece volare Masaki, che dichiarò senza nessun timore:

-Anche io voglio stare con Sho-chan. Voglio stare con te.

Intraprese una dura lotta contro le lacrime che premevano per uscire. Piangere sarebbe stato da veri stupidi, in quel momento, perché si sentiva immensamente felice.

Al sentire quelle parole tutti i pensieri negativi di Sho su un possibile rifiuto e su qualsiasi altra cosa che pesasse sul suo cuore svanirono.

Un sorriso tese le sue labbra e coprì la distanza che li separava, per afferrare poi la mano dell’altro ragazzo e incamminarsi verso il bar più vicino.

 

 

 

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Disclaimer: vedete questa mano? *alza la mano che usa per scrivere e scrocchia le dita* un giorno questa mano mi aiuterà a dominare tutto il Johnny Jimusho!
Inizierò dagli Arashi!
Lettori: *arretrano lentamente* ehm, Rosa-chan... hai preso le medicine stamattina?
Autrice: uh *sbatte le palpebre* Sì...
Lettori: .......*silenzio*
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Note: che dire? Non ho mai scritto delle long fic sugli Arashi, spero sia uscita decentemente. in realtà non ho finito di scriverla, ma non temete, la finirò, SO che desiderate ardentemente leggerla. Basta. un'ultima cosa: Sakuraiba PER LA VITA. stop.


Sho leggeva con aria assente un quotidiano al tavolo della mensa dell’edificio in cui erano soliti provare le coreografie, davanti a lui un bento lasciato a metà.

Alzò lo sguardo quando si aprì la porta, e si alzò in piedi non appena vide chi c’era davanti a lui.

-Aiba! Dove diavolo eri finito?

Masaki non rispose, non sapendo se ridere o piangere della sua immensa sfortuna: tra tutte le persone che ci potevano essere in quel posto, proprio lui doveva incontrare?

-Ehi, sto parlando con te. Abbiamo dovuto provare senza di te, ora ti toccherà imparare la coreografia da solo, baka!

Chinò il capo al rimprovero, borbottando delle scuse e dicendo che la mattina non si era sentito troppo bene.

-Dov’è Jun-kun, piuttosto?

Aggrottò le sopracciglia.

-Credo sia nel suo camerino a riposare… perché?

-Devo… devo parlargli.

E devo anche fuggire al più presto da questa stanza.

Stava per imboccare la strada per i camerini quando la sua voce lo bloccò.

-Ehi

-Nani?- disse senza girarsi.

-Tutto ok? È da ieri che ti comporti in modo assurdo.

Sorridi, sorridi.

Si voltò a guardarlo rivolgendogli un sorriso palesemente falso.

-Mh. Tutto ok, Sho-chan, don’t worry!

Incline la testa con aria perplessa.

-Per le prossime prove ci degnerai della tua presenza?

-Uhm, certo. Ja ne!

Sho lo osservò allontanarsi, per poi tornare a rivolgere la sua attenzione al giornale.

Quel baka. Stupido. Farmi preoccupare per niente.

 

Un Jun appena svegliato dal riposino pomeridiano aprì la porta del suo camerino e si sorprese nel trovarsi davanti Aiba-chan.

-Che cosa è successo?

Chiese notando il leggero tremare delle labbra dell’amico. E un secondo dopo, Aiba si mise a piangere gettandosi tra le sue braccia.

 

Non riusciva a concentrarsi su quello che stava leggendo.

Aveva freddo. Perché si sentiva così male?

L’unica cosa che sapeva, era che Aiba parlava un po’ troppo spesso con Jun.

Scosse la testa, andava tutto bene. Era normale, quei due si conoscevano da quando erano ragazzini, Jun era paragonabile a Nino, da quel punto di vista. E poi, che problema c’era?

Tornò a leggere le notizie con più concentrazione.

Davvero, non era quello il momento di occuparsi delle sue emozioni.

 

Masaki non sapeva se essere grato della calma risposta che aveva ricevuto da Jun alla sua confessione, o essere guardingo. Doveva ammettere che stava prendendo piuttosto bene la notizia: quanti amici aveva che gli avevano confessato di essere innamorati di un altro ragazzo?

-Sono un disastro vivente... – mormorò.

-No, non lo sei. Non possiamo mica scegliere di chi innamorarci.

Gli fece con un sorriso un po’ malinconico, passandogli lievemente la mano sui capelli, lisciandoglieli un po’.

-Per favore, non dirglielo...

-Mh, tranquillo.

Si alzò in piedi stiracchiandosi.

-Andiamo a bere qualcosa? Ho bisogno di un caffè.

Aiba si alzò in piedi con sorriso.

-Hai!

Come uscirono, incrociarono Sho nel corridoio; Jun salutò come se niente fosse, poi ci fu solo un rapido scambio di sguardi, un lieve cenno con la testa.

Sakurai rimase immobile in mezzo al corridoio sentendo i loro passi allontanarsi; dopo un po’ si affacciò a una delle finestre, trovandoli a passeggiare insieme per la strada.

Ringhiò, e il quotidiano nella sua mano si spiegazzò come strinse il pugno.

Cosa stava succedendo?

Aiba, io... sospirò non lo so più.

 

Qualche giorno dopo, Sho camminava sconsolato per strada: le riprese del nuovo drama stavano andando piuttosto male. Già normalmente doveva impegnarsi molto per recitare decentemente, ma con la testa in quelle condizioni non riusciva proprio a combinare nulla di buono.

In quei giorni tra lui e Aiba c’erano stati più scambi di sguardi di quelli che erano raccomandabili per la loro salute, e quel che era peggio era che erano stati intervallati da guance arrossate e battiti velocizzati del cuore.

Non riusciva proprio a concentrarsi sul lavoro, la sua testa era piena di Masaki; si disse che stava diventando pazzo.

Decisamente lo stava diventando.

Gli dava fastidio  non rendere al massimo sul lavoro, non voleva creare problemi agli altri e non voleva che si pensasse che non era all’altezza.

Decise di andare a casa di Aiba, tanto era di strada. In quelle condizioni, aveva davvero bisogno di vedere la sua faccia stupida, di sentirlo ridere, di vederlo sorridere. Gli metteva sempre tanta allegria.

Sarebbe riuscito a calmarlo.

Quella era, e al contempo non era, la ragione per cui stava andando da lui. Un minuto dopo, ammise a se stesso che voleva semplicemente vederlo. Sarebbe stato meno complicato ammettere che desiderava qualcosa che non poteva avere.

 

Quando Aiba aprì la porta di casa sua, pensò che Sakurai sembrava un uomo che aveva perso completamente la sua speranza. Continuò a guardare l’amico mentre entrava in casa e si sedeva sul pavimento appoggiando la schiena al divano, con un’espressione così persa che il suo cuore si strinse a quella vista.

Senza esitazione si sedette sul divano, tutte e due le gambe ai lati del corpo di Sho. Lui guardò verso Masaki e gli rivolse un sorriso sofferente, dicendogli silenziosamente che era tutto okay quando in realtà non lo era per niente. Non voleva che il suo amico si preoccupasse.

Ma Aiba aveva capito che c’era qualcosa che non andava.

-Che è successo, Sho-chan?

-Il drama... è difficile recitare...

-Oggi hai avuto dei problemi?

-Diciamo pure che è andata di merda...

Gli dispiaceva che Sho avesse dei problemi sul lavoro, ma sapeva che non si doveva buttare così giù: una giornata no capitava a chiunque, non c’era bisogno di prenderla così.

-Domani andrà bene, come al solito, non devi preoccuparti.

-Mh. Già...

-Certo! E domani tutti baceranno la terra sulla quale cammini!

Percepì chiaramente tutta la delusione verso se stesso, tutta la stanchezza di quella giornata recedere intimorita davanti a quelle parole gentili; quelle parole così sincere piene di un calore confortevole. Aiba stimava davvero con tutto se stesso gli altri membri degli Arashi, e riusciva sempre a confortare chiunque. Sapeva farlo sentire sicuro come se il mondo fosse migliore di quello che era in realtà. E forse lo sarebbe stato davvero se Aiba fosse rimasto con lui. Non voleva perdere il compagno. Desiderava che il ragazzo stesse sempre al suo fianco a sussurrargli parole che non avevano significato per nessuno tranne che per lui.

Raggiunse la mano dell’altro e la tenne fermamente con la sua; incontrò lo sguardo di Aiba e lo incatenò al suo.

In quell’istante, ogni movimento cessò e ogni suono scomparve. Erano avvolti da un completo silenzio... un silenzio in cui percepivano esclusivamente il desiderio ardente dei loro cuori.

Cos’era tutto ciò? Quella cosa che rendeva tutto silenzioso e immobile? Cosa era quella sensazione che faceva desiderare a Sho di toccare quelle labbra sopra di lui... di assaggiarle? Cos’era che gli faceva pensare di baciare il suo amico come se la sua vita dipendesse da quello... come se fosse nato per ciò e avesse aspettato solo per quel momento?

No, si disse, tornando in sé. Baciare Aiba non andava bene. Andava contro tutte le regole: contro quelle del buon costume, contro quelle degli Arashi, contro quelle dell’amicizia.

Sapeva che era sbagliato, ma stava morendo per questo. Il suo desiderio si accese e si sentì pronto. Improvvisamente non pensava più a se stesso come un pazzo per ciò che voleva ed era più che disposto a correre il rischio, ma non aveva sufficiente coraggio per fare il primo passo.

Aiba fissava gli occhi di Sho, lo specchio delle emozioni che il ragazzo stava provando; non poteva certo dire di comprendere perfettamente tutto quello che l’amico stava provando, ma di certo era lo stesso che provava lui. Poteva vedere la tentazione in quegli occhi, lo stesso desiderio suo.

Lo voleva... sapeva che era sbagliato, ma... mandò al diavolo la prudenza e si visse il momento.

Chi è che l’aveva detto? ‘Carpe diem’. Ecco, appunto.

-Baka.

Sussurrò. Non sapeva se era un avviso o una scusa fatta in anticipo... non lo sapeva perché non appena si era chinato in avanti le sue labbra erano entrate in contatto con quelle di Sakurai.

In una primo momento il tutto era tremendamente dolce ed esattamente come in un sogno... Non era abbastanza ma... oh, merda! Sho non stava rispondendo al bacio! Si staccò immediatamente, confuso e pieno di vergogna.

Aveva interpretato male i segnali di Sho? Si era sbagliato? Se era davvero così, allora... tutti i suoi pensieri cessarono quando Sho afferrò la sua testa e la tirò verso di sé, e questa volta il bacio fu più di un semplice sfioramento di labbra. Era un’esplorazione curiosa. In quella stanza, su quel divano, entrambi travolti dai propri sentimenti, i due ragazzi si ritrovarono in un paradiso lontano dalle norme sociali.

Come il disagio iniziale iniziò a scemare, Sho premette gentilmente Masaki contro il divano, senza interrompere il contatto tra le loro labbra; una volta che l’altro fu disteso sulla schiena, Sho ne approfittò per estinguere la sua sete di curiosità. Timide mani accarezzarono il corpo di Aiba; il ragazzo ansimò come le dita d Sho scivolarono sul suo fianco facendogli un po’ di solletico.

Le dita di Aiba affondarono in morbidi ciuffi di capelli scuri mentre il bacio diventava meno timido, e Sho cominciava a depredare la sua bocca, seppure in modo ancora un po’ incerto: non aveva mai baciato un altro uomo, e non sapeva bene come comportarsi.

Mani accarezzavano, toccavano, memorizzavano la sensazione dell’altro corpo; ricordandosi che quel momento di intimità non era un sogno, era reale, perfettamente reale.

Per ogni bacio, la loro curiosità diminuiva. Per ogni verso di piacere, il loro desiderio aumentava. Ancora e ancora, protrassero la loro sessione di baci fino a che non divennero esseri che fluttuavano in cielo.

 

 

 

 

 

 

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Titolo: La mia insicurezza (Zeus, non sono in grado di dare i titoli)
Fandom: Arashi
Rating: PG 13
Pairing: Ohmiya
Disclaimer: se questi due giovanotti mi appartenessero, sarebbero già convolati a giuste nozze U_U
Note: non è un granchè, è venuta fuori così dal nulla. E non mi ha soddisfatto molto il risultato finale... *fugge*


Mi chiedo quand’è che tutto è iniziato.

Perché abbiamo cominciato questo gioco pericoloso?

Eppure lo sapevamo fin dall’inizio, che non sarebbe andata bene. O almeno, IO lo sapevo. Sapevo che, con il mio carattere, non mi sarei mantenuto distaccato troppo a lungo. Sembra sempre che non mi importi di nulla, ma quando qualcosa mi interessa davvero, quando qualcosa entra nella mia mente e nel mio cuore, non ne esce più; dedico tutto me stesso a ciò che mi piace, snobbando amabilmente tutto il resto.

In questo, posso dire che io e te siamo simili.

Ma di certo io non riuscirò mai e essere distaccato come te, quando si tratta di certe cose.

Lo sapevo, eppure non mi sono fermato, non ne sono stato capace.

Non credevo, all’inizio della mia carriera, che avrei passato parte della mia giovinezza a farmi mettere sotto da uno più piccolo di me. Da un mio compagno, addirittura.

Quando ti ho visto per la prima volta, non potevo immaginare che mi sarei innamorato di te.

Sì, sì, innamorato, esatto.

D’altronde è l’unica spiegazione, no?

Se non fossi innamorato di te non mi troverei in queste condizioni, seduto sul divano di casa mia con una birra sgasata tra le mani, a impazzire sapendoti con un’altra persona.

Mi ripeto che sono uno stupido, me lo ripeto da tanto ormai.

Forse dal giorno in cui mi hai detto con noncuranza che ti eri ufficialmente fidanzato; e io che non sapevo neppure che ti vedessi con qualcuno! Oltre che con ME, ovviamente. Me l’hai detto con la tua solita aria, come se stessi parlando del tempo e io, nonostante mi sentissi morire dentro, ti ho risposto allo stesso modo, con un ‘Sono felice per te’. Accompagnato anche da un bel sorriso.

In quel momento ho pensato logicamente che fosse finita, ora che avevi ufficialmente una compagna. E cercavo di capacitarmene, ripetendomi che era OVVIO che prima o poi sarebbe successo.

Cosa pensavo di essere? Ero un ragazzo, ero un tuo compagno, ero solo una persona con cui andavi a letto. Lo sapevo, e non ero arrabbiato con te. Ero arrabbiato con me stesso.

Perché, pur sapendo come stavano le cose, mi sono attaccato lo stesso, arrivando a un punto di non ritorno. Il dolore che provavo dentro di me a fingere di essere felice, mentre volevo solo piangere, sentivo di meritarmelo pienamente.

Sono stato io che non ho rispettato le regole.

Espulso. Fine.

E invece... forse avevo capito male io, non so... cosa volevi? Che intenzioni avevi per me... per noi?

Quella sera sei venuto a casa mia, come se nulla fosse successo; e come se nulla fosse successo abbiamo fatto l’amore (sesso sesso sesso, sbaglio sempre).

Mi baciavi, mi accarezzavi, mi stringevi a te come facevi sempre; mi sorridevi e mi parlavi come al solito.

Ero confuso, non capivo assolutamente.

Sono uno che non ha mai creato problemi, non faccio mai troppe domande, prendo sempre quello che mi viene dato senza domandare di più.

Però quella volta non potevo stare in silenzio; non dopo quello che avevo passato poche ore prima per via del tuo annuncio.

Ma di certo non potevo comportarmi da fidanzata gelosa, perché noi NON STAVAMO INSIEME. Ma volevo chiarezza comunque. Giusto per sapere, eh.

-Nino...

Ricordo ancora perfettamente quel momento, come se fosse successo solo qualche minuto fa; io ero sdraiato, il viso rivolto verso di te, e tu ti eri seduto, coprendoti le gambe con il lenzuolo, e stavi maneggiando le carte da gioco che ti portavi sempre dietro. Una scena perfettamente normale, due persone che sono abituate a stare insieme.

Anche con lei facevi così? Eri così naturale anche con quella persona? Non potevo fare a meno di chiedermelo.

Mi rispondesti girandoti leggermente verso di me, i tuoi occhi fissi nel mio viso, senza smettere di mescolare le carte.

-Nani?

-... Sei innamorato di lei?

Le tue mani si fermarono; un lieve sorriso.

-Sì. Come potrei non esserlo?

Fitta al cuore, la sento anche ora che ci sto ripensando.

-...E io?

Sussurrai; le tue mani ripresero a mescolare le carte e il tuo sguardo si spostò nuovamente su di loro, mentre mi rispondevi tranquillo.

-Che domanda stupida. Tu sei tu.

Cosa volevi dire con questo? come dovevo prenderlo? Come una cosa buona o come una cosa negativa?

Passarono due mesi, da quella sera, due mesi nei quali le cose tra noi continuarono ad andare come sempre, tranne per il fatto che talvolta mi davi buca per la tua ragazza, ragazza della quale tutti ignoravamo il volto.

Ma non era una cosa strana, avevamo sempre fatto così; era difficile che nel gruppo parlassimo apertamente di faccende private. Il fatto che tu avessi fatto quell’annuncio voleva dire che era una cosa davvero seria.

In quei mesi, più volte sono stato tentato di dirti basta, che volevo uscire da questa situazione, che non era giusto quel doppiogioco, né per me, né per la ragazza.

Non era giusto.

Stavo soffrendo e basta. Perché sapevo che sarebbe arrivato il momento in cui saremmo tornati ad essere semplici compagni, in cui io sarei rimasto da solo. Meglio farla finita subito.

Ma ogni volta che prendevo un po’ di coraggio, non riuscivo a parlare, bloccato dai tuoi baci, dalle tue carezze, dai tuoi sorrisi... ogni volta il mio cervello si scollegava, e mi scioglievo stretto a te.

Probabilmente anche stasera finirà così; basterà qualche tuo gesto per farmi desistere. Anche se sono così deciso a farla finita.

Finalmente sento bussare, vado ad aprire velocemente, non voglio perdere tempo; taglio netto, taglio netto, mi ripeto. Al contrario di quello che tutti credono, non amo farmi mettere i piedi in testa.. nemmeno se sei tu a farlo.

-Sono in ritardo?

Scuoto la testa, facendoti cenno di sederti, giusto per educazione.

-Mi hai mandato quel messaggio, hai detto che volevi parlarmi...- mi fissi accavallando le gambe, se sei preoccupato, sei hai intuito qualcosa, il tuo comportamento non lo da a vedere. Sei tranquillo come al solito.

-Basta così.

-Eh?

-Finiamola qui, ok?

Aggrotti le sopracciglia, poggiando il mento a una mano.

-... che succede?

Come che succede??? Mi fai venir voglia di urlare! Non fare finta di niente!

-Che... che succede, dici? Possibile che tu non te ne renda conto?

Fai una faccia ancora più perplessa di prima; davvero non capisci?

-Ah... certo, certo... è per la mia ragazza, giusto?

Fai un sorrisino come a dire ‘ti ho scoperto’, mi agito.

-S-sì ma... non è quello che pensi tu.

-Lo spero. Anche perché era stato detto fin dall’inizio, no? Non è niente di serio.

Annuisco a fatica, mentre ti appoggi comodamente allo schienale con aria un po’ stanca.

-E allora non ci sono problemi, giusto?

Rispondi, rispondi. Non farti mettere i piedi in testa ancora una volta.

-Sì che ce ne sono. Anche se non è nulla di serio non mi va di essere usato così. Non puoi stare con i piedi in due staffe, non è giusto per la tua ragazza un trattamento del genere!

-Ah... quindi tu ti preoccupi per lei... tipico di te, Riida...

Lei? Lei? Come potrebbe interessarmi?

-No, non è per lei!

-Allora è una questione di orgoglio? Non vuoi essere secondo, posso capire...

Distogli il tuo sguardo da me, volti il viso; non è così, non è così come dici tu, devo trovare le parole per dirlo, devo farle uscire fuori, o continuerai a pensare questo di me. Pazienza se mi renderò ridicolo e se dimostrerò di non aver rispettato le regole.

-Non è così! È che... non lo sopporto...

Sussurro, ma riesci a sentirmi perché alzi nuovamente lo sguardo su di me.

-Non sopporto di saperti con una persona che non sia io! Lo so che è stupido, che non dovrei, ma non posso farci niente! La tua presenza... col tempo la tua presenza è diventata così indispensabile per me! Ora te ne puoi andare, puoi ridere di me, fare quello che vuo...

Il mio sproloquio si interrompe non appena sento il mio corpo stretto contro al tuo, e tu che mi sussurri vicino all’orecchio:

-Baka... baka Riida...

-Eh?

-Quanto ci hai messo per ammetterlo... stavo diventando pazzo...

-Cosa... cosa vuoi dire?

-Tu sei sempre così. Non ti lamenti mai e fai tutto per far felici gli altri, anche se non ti va giù... non capivo se stare con me era una tua scelta o se era solo un favore che mi stavi facendo...

Che succede? Perché la situazione si è ribaltata all’improvviso?

-E TU ti fai questi problemi? Sono io che me li dovrei fare... non si capisce mai cosa pensi, Nino-chan...

Improvvisamente mi sento più sollevato, come se mi fossi appena tolto un macigno dal petto; tutto è così stupido, tu, io stesso... che sciocchezza.

Solo perché siamo due persone che non parlano chiaro.

-Ma quindi... la ragazza...

Ti sento stringere di più la presa sulla mia maglia.

-Sì, sì, era una finta, volevo solo farti uscire allo scoperto!

La tua voce imbarazzata e scocciata mi fa ridere, anche se so che ti offendi quando ridono di te.

-Pfff... non è da te fare certe cose...

-Zitto!! È solo colpa tua, baka di un Riida!! Sei un addormentato e basta!!

Rido ancora. Se solo... se solo l’avessi capito prima. Se solo ci fossimo parlati prima.

Avrei risparmiato tanta sofferenza.

Improvvisamente mi viene in mente una cosa.

-Ma... e gli altri? Sanno che sei fidanzato ufficialmente, come...

-Beh, posso sempre presentargli il mio VERO ragazzo.

Mi sento arrossire, per fortuna siamo ancora abbracciati e non puoi vedermi.

-Sarebbe rischioso, lo sai... se glielo dicessimo Aiba-chan alla prima bevuta lo racconterebbe al mondo intero.

-Hai ragione... Mi dispiace. Queste cose di nascosto...

-Daijoubu, Nino... finchè TU sai quello che provo va bene.

Le tue labbra si posano lievemente sul mio collo.

-Hai ragione... Baka-Riida.

rosa_elefante: (Default)
Titolo: Non è una fanfiction
Fandom: Arashi
Rating: PG-13
Pairing: sakuraiba
Disclaimer: purtroppo gli Arashi non mi appartengono, no.
Note: prima in assoluto su questo fandom. Abbiate pietà.


Le prove si interruppero in corrispondenza di un’imprecazione di Sho, cosa abbastanza rara, tra l’altro. Ma d’altronde era davvero difficile lavorare decentemente quando Aiba se ne andava per i cavoli suoi: per quante volte gli avessero ricordato e rispiegato i passi della coreografia, continuava a muoversi come gli pareva con una faccia cadaverica.

Anche in quel momento, mentre Sho lo guardava male attraverso il riflesso dello specchio, quello se ne stava in silenzio con lo sguardo rivolto verso il pavimento. Sakurai si girò di scatto, ritrovandosi faccia a faccia con il volto abbassato del compagno.

-Ti dispiace pensare per un’ora –un’ora!- a quello che stiamo facendo e non ai cazzi tuoi??

I tre restanti membri lo guardarono sorpresi, stupiti da una predica così aggressiva, che decisamente non era da lui, sempre così ragionevole e pacato; e furono ancora più sorpresi quando Aiba sollevò il volto con un’espressione neutra, stile cartonato di idol a grandezza naturale mentre le mani di Sakurai si stringevano a pugno, come se stesse resistendo alla tentazione di parcheggiargliele sulla faccia e tanti saluti.

-Cos’è, hai problemi con la droga, sei in sciopero, ti è morto il cane o ti sei solo rincoglionito?

-...vaffanculo.

Ohi ohi. Ora di agire. Pensò Ohno con un gemito interiore. O la Strigliata Del Secolo si trasformerà presto nella Rissa Che Fece Sciogliere Gli Arashi. O che avrebbe semplicemente mandato quei due idioti all’ospedale. Rapidamente, si frugò in tasca e si avvicinò ad Aiba, prendendogli la mano e ficcandoci dentro qualche moneta.

-Aiba-chan, è uscito il nuovo numero della mia rivista di pesca preferita, me lo andresti a comprare? C’è lo speciale sui vari tipi di ostriche, non vedo l’ora di leggerlo.

Gli chiese con la sua solita aria innocente che solo lui poteva avere ancora a quell’età. Molto stile Bambi.

Il ragazzo annuì in silenzio e se ne uscì sbattendo la porta.

Improvvisamente la tensione scese, e Sho, dato un calcio all’aria, si andò a sedere appoggiando la schiena allo specchio della sala prove; risultato della giornata: un rapper furioso, un baka sull’orlo di una crisi emotiva, due membri, per ora, neutri, e un leader decisamente sollevato. Almeno aveva impedito la prematura morte di Aiba-chan.

Si avvicinò con un sorriso alla figura rannicchiata sotto un nuvolone nero con su scritto ‘malumore’:

-Su, Sho-kun, è un momento un po’ stressante per tutti, anche per lui. Siamo pieni di impegni e sai che ce la sta mettendo tutta per il nuovo drama. Dagli tregua...

-Eddai, Ohno-kun! Quant’è che sta così? Siamo pieni di impegni e lui sta facendo decisamente schifo! I pesci che peschi ogni finesettimana ballerebbero meglio di lui.

-Ma... sono morti...- obiettò confuso.

-Appunto. Anche così farebbero meglio.

Disse con aria truce, chiudendo lì il discorso.

Non che non se ne fosse mai accorto: erano già almeno due settimane che Aiba stava giù, e ogni volta che qualcuno gli chiedeva se aveva qualcosa che non andava lui liquidava tutto con un ‘Daijobu’ e un sorriso palesemente falso. La cosa lo stava iniziando a preoccupare un po’, non solo dal punto di vista professionale, ma anche da quello umano, cavolo. Dieci anni insieme non sono nulla.

Provò a pensare cosa avrebbe potuto causare un simile cambiamento in Aiba-chan... più ci pensava più le sue ipotesi si facevano nere e vicine a quelle di Sakurai. Che avesse di nuovo problemi di salute? Morti in famiglia? Alcool? Droga? Giri di mafia? Pazzia improvvisa? Satanismo? Apocalis...

-Mollato.

-Eh?

-Mollato- ripetè Nino senza alzare lo sguardo dal suo Ds. –Ha il tipico comportamento di chi ha appena subito la più grossa delusione sentimentale della sua vita.

-Senza contare che poco prima stava passando un periodo in cui i suoi occhi erano a forma di cuore.

Aggiunse Jun.

-Come fate a esserne così sicuri?

Domandò Ohno sospettoso.

-Osserviamo, Riida, osserviamo.- gli rispose Nino candidamente – e nemmeno tanto bene visto che non sappiamo CHI sia la causa di tutto questo. Hai qualche idea?

Scosse la testa. Per quanto fossero amici, la vita sentimentale non era qualcosa che condividevano tanto facilmente; ormai erano piuttosto grandi, e avevano abbandonato la politica del ‘buttati su ogni essere di sesso femminile sotto i trent’anni che incrocia il tuo cammino’. Di certo c’era solo Sho, che da mesi era in un tira e molla continuo con tale sconosciuta Haruko-qualcosa-qualcosa; degli altri sapeva poco e nulla, compreso Aiba.

Come se l’avesse evocato, in quel momento Aiba rientrò nella sala, con gli occhi rossi e lucidi e l’aria di chi avesse appena sepolto l’amico più caro; si inchinò e mormorò a voce atona e roca.

-Sumimasen... possiamo ricominciare.



Nino non era soddisfatto.

Ok, Sho-kun non aveva più gli sbalzi d’umore da donna incinta e aveva smesso di tentare di sbranare gli altri per ogni cavolata, e Aiba non aveva più combinato danni in sala prove.

Però non era soddisfatto comunque. Decisamente. Non c’era più l’atmosfera rilassata di qualche tempo prima, bensì una sorta di patina ghiacciata. Erano come dentro una bolla, pronta a scoppiare alla prima sciocchezza. E allora sarebbero stati cazzi.

Fece vagare il suo sguardo per la stanza durante la pausa: Jun leggeva con aria annoiata un quotidiano prestatogli da Sho, Ohno sonnecchiava con la testa posata sulle sue gambe, Aiba sbocconcellava svogliato un panino e Sho teneva la sua attenzione concentrata sul messaggio che stava scrivendo al cellulare, alzando gli occhi al soffitto di tanto in tanto come se stesse pensando a cosa scrivere.

Probabilmente lui e Haruko erano di nuovo in love-love mode, a giudicare dalla quantità di tempo che Sakurai passava al cellulare e dai messaggi che aveva letto di nascosto; spalancò gli occhi ripensando alla data a cui quei messaggi risalivano... coincideva più o meno con l’inizio del Buio Periodo di Aiba-chan.

Iniziò a pensare freneticamente... e se...? possibile che fosse l’unico che vedesse un nesso tra le due cose? Lanciò un’occhiata ai suoi compagni: sì, era più che probabile. Aveva su un piatto d’argento la possibilità di fare chiarezza... certo, avrebbe anche potuto rovinare tutto e fare un casino...

Sogghignò. Beh, pazienza.

-Sho-chan! – esclamò facendo fare un balzo a Riida –quindi ti sei rimesso con Haruko-chan, vero? Waaa, hai fatto davvero bene, sai? È così kawaii!

Ignorò lo sguardo stralunato che gli avevano lanciato Ohno e Jun, concentrandosi solo su Sho e sbirciando di sottecchi Aiba-chan, visibilmente irrigidito. Effettivamente era un po’ uscito fuori dal suo personaggio con quell’esclamazione da ragazzina delle scuole medie, proprio lui che se n’era sempre fregato di ‘Haruko-chan’ o di chiunque altro scaldasse il letto dei suoi compagni.

Sakurai mostrò un’espressione leggermente imbarazzata e prese a grattarsi la nuca.

-Ehm...

-Eddaiii... guarda che si vede, sai? Ultimamente cammini su una nuvoletta tuuutta rosa!

Kami, si vergognava come un ladro a sbattere le ciglia e a pigolare in quel modo, ma era FONDAMENTALE. Era per un bene superiore.

-Ecco... beh, sì. Ormai credo che ci possiamo considerare... una coppia fissa, credo...

Borbottò imbarazzato con le guance leggermente rosate.

-Ma che cosa bellissima!! Eeh... quando due persone sono legate dal destino non c’è proprio nulla da fare...

Finalmente quella vergognosa pantomima diede i suoi frutti: Aiba si alzò con uno scatto e si diresse a passo svelto verso la porta; solo dopo averla aperta si rese conto che FORSE doveva dare qualche spiegazione.

-Cesso.

Sputò tra i denti prima di uscire sbattendo la porta. Qualche secondo dopo Sho si alzò e lo seguì, lui senza dare spiegazioni a nessuno, il tutto per la gioia e il tripudio di Nino: la Macchina di Distruzione Emotiva Sakurai Sho e l’Essere Depresso e Schizzoide Aiba Masaki erano tornati in tutto il loro splendore. E in versione 2.1.

Con un sospiro soddisfatto, passò lentamente la mano tra i capelli morbidi di Ohno, il quale lo fissava con la fronte aggrottata.

-Nino, che accidenti...

Il ragazzo sbuffò esasperato, non aveva nessuna voglia di spiegare tutto.

-Le cose sono tre: o Masaki vuole Haruko e Sho lo sa, o vuole Sho e Sho lo sa, o vuole Sho e Sho pensa che voglia Haruko... sì direi che le possibilità sono solo queste.

Sentì un fischio ammirato provenire dalle parti di Jun.

-E...?

Disse Matsumoto muovendo la mano come a intimargli di proseguire il discorso.

-E nulla. Ora tocca a loro. Anche i geni del male hanno un limite. Vediamo CHI sopravvivrà e COME tornerà.

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