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Titolo: After Shiyagare
Fandom: Arashi/Kanjani8
Pairing: AibaKura (Aiba/Ohkura)
Rating: R
Disclaimer: I MIEI ICHIBAN MI APPARTENGONO, OK?? i personaggi non mi appartengono, con questo scritto non intendo offenderli in alcun modo
Note: QUALCUNO MI FERMI, PER L'AMOR DEL CIELO. Io avrei una long da portare avanti... ehm. Comunque, fu scritta subito dopo aver visto lo Shiyagare con i Kanjani (era senza sub, ancora, quindi tutto è basato esclusivamente su quello che sono riuscita a capire), e non mi soddisfa granchè: nella mia mente era molto più divertente o.o Inoltre, sto notando che scrivere su questa coppia, oltre a provocare fangirleggiamenti interiori non indifferenti, è abbastanza interessante... nel senso, far interagire Aiba con qualcuno che non è un membro degli Arashi e che è pure un suo kohai, mi permette di porlo sotto una luce diversa. Vabbè, io ci provo, poi non so cosa ne venga fuori!


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Titolo: Secret Agent Man
Fandom: Kanjani8
Pairing: Ryohkura
Rating: R
Warnings: AU
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone nè di offenderle in alcun modo.
Note: Io e il viziaccio di scrivere prima tutto a mano: c'ho messo secoli a ricopiare tutto al computer O___O 
Comunque, è la seconda volta che scrivo su 'sti due (un buon allenamento prima di iniziare a scrivere ciò che mi è stato chiesto alla fict exchange... che ho già iniziato in realtà *_*), e senza rendermene conto ho pure scritto la mia prima AU O__O E' che tra Eito Rangers ed 8UPPERS, scrivere AU con i Kanjani diventa molto più semplice XD
Uhm... che altro? Ah, sì: è stata tutta colpa dell'annuncio del film sugli Eito Rangers e sul fatto che fino a poche settimane fa ero fissata con la canzone Secret Agent Man O_O



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Titolo: Hitachi series
Rating: vario (per lo più alto)
Pairing: vari
Genere: raccolta
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone nè di offenderle in alcun modo.
Nota: Come dice il titolo, questa sarà una raccolta di one-shot basate sulle pubblicità degli elettrodomestici Hitachi. Al momento ne ho scritte... due XD Ho le idee piuttosto chiare per almeno altre due, ma poi hanno iniziato a mettere pairing su cui trovo parecchio difficile inventarmi qualcosa.
Diciamo che dovrebbero essere un mucchio di storielle senza nessun valore, che non pretendono essere niente di profondo o di aulico. Davvero davvero.
Però mi sono davvero divertita a scrivere le prime due!


03 - Il matrimonio
Pairing: Ohmiya
Rating: R
Note: Questa è ovviamente ispirata alla pubblicità della lavatrice fatta da Ohno. In realtà, è uscita fuori molto diversa da come ce l’avevo in mente all’inizio, quindi non sono molto sicura. So solo che ho trovato difficile far muovere Ohno, questa volta O_O
Anche il finale, mi lascia un po’ così. Mah.
Spero vi piaccia comunque!



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Titolo: Hitachi series
Rating: vario (per lo più alto)
Pairing: vari
Genere: raccolta
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone nè di offenderle in alcun modo.
Nota: Come dice il titolo, questa sarà una raccolta di one-shot basate sulle pubblicità degli elettrodomestici Hitachi. Al momento ne ho scritte... due XD Ho le idee piuttosto chiare per almeno altre due, ma poi hanno iniziato a mettere pairing su cui trovo parecchio difficile inventarmi qualcosa.
Diciamo che dovrebbero essere un mucchio di storielle senza nessun valore, che non pretendono essere niente di profondo o di aulico. Davvero davvero.
Però mi sono davvero divertita a scrivere le prime due!

02 - Cena a base di salmone e mirtilli
Pairing: Ohmiya
Rating: R
Note: Dato che sto andando per ordine (e salto quella di gruppo in cui Ohno dice a ogni membro che tipo di elettrodomestico è), questa è liberamente ispirata alla pubblicità del frigorifero con Nino!
Oh, ed è ambientata nel periodo in cui Nino stava girando GANTZ


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Titolo: Fading Memories
Rating: R
Pairing: Ohmiya
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone nè di offenderle in alcun modo.
Note: Uhm... non ho nulla da dire, credo XD Ohmiya, per una volta, e anche abbastanza breve (4 capitoli + prologo)



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Titolo: Love Chronicles
Fandom: Arashi
Genere: yaoi, lemon, e diciamo romantico, ma non troppo
Rating: R
Pairing: indovinate un po'? Ebbene sì, ANCORA Sakuraiba. Ma attenzione, non solo!
Disclaimer: vedete questa mano? *alza la mano che usa per scrivere e scrocchia le dita* un giorno questa mano mi aiuterà a dominare tutto il Johnny Jimusho!
Inizierò dagli Arashi!
Lettori: *arretrano lentamente* ehm, Rosa-chan... hai preso le medicine stamattina?
Autrice: uh *sbatte le palpebre* Sì...
Lettori: .......*silenzio*
Autrice: ehm........ ARASHI FOR DREAAAAAM!!!!! *corre come un demonio*
Note: che dire? Non ho mai scritto delle long fic sugli Arashi, spero sia uscita decentemente. in realtà non ho finito di scriverla, ma non temete, la finirò, SO che desiderate ardentemente leggerla. Basta. un'ultima cosa: Sakuraiba PER LA VITA. stop.
Capitoli precedenti:
HERE



Si stava di nuovo innamorando )
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Titolo: Love Chronicles
Fandom: Arashi
Genere: yaoi, lemon, e diciamo romantico, ma non troppo
Rating: R
Pairing: indovinate un po'? Ebbene sì, ANCORA Sakuraiba. Ma attenzione, non solo!
Disclaimer: vedete questa mano? *alza la mano che usa per scrivere e scrocchia le dita* un giorno questa mano mi aiuterà a dominare tutto il Johnny Jimusho!
Inizierò dagli Arashi!
Lettori: *arretrano lentamente* ehm, Rosa-chan... hai preso le medicine stamattina?
Autrice: uh *sbatte le palpebre* Sì...
Lettori: .......*silenzio*
Autrice: ehm........ ARASHI FOR DREAAAAAM!!!!! *corre come un demonio*
Note: che dire? Non ho mai scritto delle long fic sugli Arashi, spero sia uscita decentemente. in realtà non ho finito di scriverla, ma non temete, la finirò, SO che desiderate ardentemente leggerla. Basta. un'ultima cosa: Sakuraiba PER LA VITA. stop.
Capitoli precedenti:
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Amare non vuol dire possedere )

Aiba lasciò cadere il capo contro il cuscino, cercando di fermare le parole del manager dal ripetersi ancora e ancora.

No, lui non era ossessionato da Sho e il loro legame non stava impedendo loro di crescere e di realizzare i loro sogni. Non aveva mai chiesto a Sho di sacrificare i suoi sogni per lui. Di questo era certo, ma allora perché sembrava che Takeshi-san avesse premuto un tasto dolente? Che avesse ragione?

‘Non sono vostro alleato né vostro nemico, quindi se vorrete un parere ve lo darò, nudo e crudo.’

Era così? Era quello il parere sincero? Ma sicuramente il loro legame non era così.

Ne, Sho-chan?

Eppure lui si era accorto dello sguardo distante di Sho, come se fosse un uccello in gabbia.

Gemette e scosse la testa, negando. Era troppo pesante da accettare; era surreale.

Sono la tua gabbia invece del tuo cielo azzurro?

Lacrime rigavano le sue guance, perché sapeva la risposta a quella domanda. Dio! La sapeva, e faceva fottutamente male.

 

Nelle nostre vite, c’è sempre qualcuno che, intenzionalmente o no, diventa il faro che ci guida fuori dalla nebbia della confusione. Sorprendentemente, Ohno giocò questo ruolo per Sho.

Il più anziano degli Arashi stava camminando per un corridoio con occhi socchiusi quando, passando davanti al camerino di Sakurai, sentì le ultime battute di una discussione tra Sho e il loro manager, Takeshi. Sapendo perfettamente che non avrebbe dovuto ascoltarla, si affrettò ad allontanarsi, quando la porta si spalancò e ne uscirono i due uomini.

Scambiò un inchino con il manager, che si allontanò lasciandolo solo con il compagno.

-Hai sentito?

-Mmh... quanto è bastato per farmi capire che te ne andrai.

Mormorò senza guardarlo negli occhi. Sho sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Quella mattina Takeshi-san era entrato nel suo camerino dicendo che doveva parlargli di una cosa importante; con occhi che brillavano d’emozione, il manager gli aveva detto che i suoi sforzi nel lavoro erano stati notati e premiati, e che gli era stato offerto uno stage in America per ben otto mesi. Quando sarebbe tornato in Giappone sarebbe stato un giornalista a tutti gli effetti. Era un sogno che si realizzava.

Tuttavia... c’erano gli Arashi. Il manager gli aveva assicurato che per il gruppo non ci sarebbero state ripercussioni, avrebbero continuato il loro lavoro come sempre. Certo, magari non avrebbero potuto far uscire singoli in cui lui fosse presente, ma non sarebbero scomparsi dalla scena musicale e televisiva.

-Non ti preoccupare... domani sera faremo una riunione con tutto lo staff per annunciarlo. Non me ne andrò via in sordina.

Ohno scosse la testa. Non era quello che gli importava.

-Aiba-chan lo saprà insieme a tutti gli altri?

Quell’improvviso senso di colpa ed esitazione che vide nei suoi occhi fu la risposta. Non capendo quale fosse l’opinione del compagno dal suo sguardo neutro, Sho scrollò le spalle e si appoggiò al muro.

-Cosa faresti se fossi al mio posto?

Una simile infida domanda. Così semplice ma allo stesso tempo così difficile, ma lui la prese con calma.

-Glielo direi di persona.

-Ma lui...

-Glielo direi comunque, specialmente se quando tornerai in Giappone non vuoi tornare con lui. Devi mettere le cose in chiaro.

-Io...

Nonostante tutto, lui non voleva ferire Aiba. Non voleva assolutamente. Dio, era stato bene con lui, gli voleva così tanto bene... Ohno lo percepì.

-Senti. Aiba-chan soffrirà in ogni caso, ok? Ma fargli sapere della tua partenza insieme allo staff e partire senza dirgli che lo stai lasciando, gli impedirà solo di crescere. Se fai così non sarà mai in grado di voltare pagina, capisci?- decise di spingersi oltre per il bene dei suoi amici che non riuscivano a distinguere una cosa dall’altra. –Ti consiglio di dirglielo, se davvero ci tieni a lui. Starà male, ma devi farlo.

Sospirò. Ohno aveva ragione.

-Non oggi... domani... domani glielo dirò.

Avrebbe avuto ancora una notte per chiamare a raccolta il suo coraggio per chiudere la loro relazione.

Si schiarì la gola, cercando di tirare fuori la parola ‘addio’ che gli stringeva le corde vocali. Era così amaro e così pesante, si sentiva soffocare. Perché era così difficile? Perché dire ‘addio’ è difficile quanto dire ‘ti amo’?

 

Dopo non aver fatto nulla che stare a letto, verso l’ora di pranzo Aiba dovette alzarsi per andare al lavoro. Ovviamente non sapeva che, una volta arrivato lì, gli avrebbero detto che per quel giorno non ci sarebbero state riprese e che la sera ci sarebbe stata una riunione con tutto lo staff che si occupava degli Arashi.

Stava per uscire di casa quando il campanello suonò. Non appena aprì la porta Sho entrò in casa sua, stupendolo.

-Sho-kun?

Mormorò e rimase semplicemente ad osservare il suo amante accorciare le distanze tra loro. Quando fu di fronte a lui con un’espressione determinata sul viso il suo cuore sbatté contro il petto e campanelli d’allarme risuonarono nella sua testa. Aiba in qualche modo sapeva, ma rimase lì dove era piuttosto che scappare via.

-Devo dirti qualcosa.

-Te ne vai.

Sho parve leggermente sorpreso. Era così ovvio?

-Mi hanno offerto di partecipare a uno stage all’estero...

-Quando?

-Ieri mattina.

Invece di piagnucolare perché il suo ragazzo non gliel’aveva detto subito, Aiba annuì semplicemente, perché non c’era altro che potesse fare.

-Parto in America.- continuò. Era più facile parlare quando Aiba stava in silenzio ad ascoltarlo, quindi si fece coraggio e continuò a parlare. –E non posso stare con te. Non voglio più stare con te.

Internamente, Aiba gemette a quelle crude parole. Faceva male.

Amare non vuol dire possedere.

-Quindi stai chiudendo la nostra storia?

Chiese, ma era più un’affermazione che una domanda. Sho annuì solamente, e fu testimone di come Aiba si frantumava silenziosamente davanti ai suoi occhi. Nonostante tutto, non voleva altro che stringerlo a lui... averlo per l’ultima volta. Colse una singola lacrima cadere e il suo cuore dolse. Era giusto quello che stava facendo? Era giusto abbandonarlo così?

-Posso tenerti finchè non parto?

Regolarizzò il respiro prima di chiedere:

-Quando parti?

-Stasera.

Senza una parola, Aiba chinò il viso verso di lui e premette velocemente le labbra sulle sue, prima di scostarsi dopo poco. Il cuore di Sho si strinse nel vedere la risposta scritta negli occhi dell’altro, e lo ammirò per essere così forte da accettare le cose come stavano e arrendersi al suo stupido egoismo. Quando poi Masaki gli regalò uno dei suoi sorrisi, in quel momento Sho seppe che lo amava, e che mai avrebbe smesso.

Tirò Aiba più vicino a sé prima di unire le loro labbra. Con la consapevolezza che il loro stare insieme aveva i minuti contati, si comportarono con urgenza e disperazione.

Ansimarono i reciproci nomi più e più volte mentre vorticavano e danzavano attorno al loro fuoco; mentre galleggiavano e nuotavano nel loro oceano di desiderio; mentre ascendevano e scivolavano verso il loro apice.

Come l’ora della riunione finale con lo staff si avvicinava, i loro movimenti divennero più lenti. C’era ancora brama in loro, ma l’urgenza era sparita da un pezzo; non era l’orgasmo ciò che importava in quel momento, ma il loro essere un tutt’uno. Per questo motivo, quando le dita dell’orgasmo sfioravano i confini delle loro coscienze per reclamarli, entrambi si fermavano e lasciavano che il vuoto li prendesse.

Durante una delle loro pause, Aiba aprì gli occhi e fissò il volto di Sho, che era leggermente contratto con controllo. C’erano un po’ di cose che voleva dirgli. Voleva dirgli che non aveva mai pianificato di stare tra lui ed i suoi sogni; che gli dispiaceva e che lo amava, ma era spaventato che l’altro lo considerasse un tentativo per farlo rimanere.

Percependo il pesante, ma dolce sguardo del ragazzo, Sho abbassò gli occhi ed il suo cuore si frantumò al modo in cui il suo ex-amante lo guardava. Una parola si alzò dalla sua gola. Una singola parola stritola cuore.

-Scusa.- gracchiò.

-Non scusarti... - replicò l’altro tremante mentre tentava di combattere indietro le lacrime. Aveva giurato di non piangere... beh, almeno non di fronte a Sho, così la separazione sarebbe stata meno dolorosa. Le sue iridi si socchiusero quando il suo amante iniziò a muoversi di nuovo, colpendolo nel profondo.

La gola di Sho si strinse quando aprì la bocca per dire addio e per ringraziare Masaki per ogni cosa, ma quelle parole, prima di essere dette, divennero lacrime. Perché non poteva avere entrambe le cose che voleva di più? Era così egoista da parte sua chiederle?

Lacrime rotolarono dolcemente dal mento di Sho toccando le labbra dischiuse di Aiba. In un primo momento, pensò che fossero gocce di sudore, ma qualche secondo più tardi realizzò che erano troppo salate per esserlo. Costrinse i suoi occhi ad aprirsi e vedere il volto del suo migliore amico rigato dalle lacrime. Piangendo, si spinse su e avvolse le sue braccia intorno al corpo dell’altro. Lo abbracciò più vicino... lo abbracciò stretto.

-No.

Disse duramente. Nessuno di loro seppe cosa voleva dire. Stava chiedendo a Sho di non piangere? Di non scusarsi? Di non fermarsi o di non lasciarlo?

-Ti amo.

Aiba sussurrò le parole che gli erano state difficili da dire fino a quel momento e che aveva cercato di trattenere quel giorno. Non fecero altro che far piangere l’altro ragazzo.

Non riuscivano più a trarre conforto dalle parole l’uno dell’altro... potevano solo aggrapparsi l’uno all’altro fino a quando non avessero trovato la loro tardata liberazione.

 

 

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Titolo: Love Chronicles
Fandom: Arashi
Genere: yaoi, lemon, e diciamo romantico, ma non troppo
Rating: R
Pairing: indovinate un po'? Ebbene sì, ANCORA Sakuraiba. Ma attenzione, non solo!
Disclaimer: vedete questa mano? *alza la mano che usa per scrivere e scrocchia le dita* un giorno questa mano mi aiuterà a dominare tutto il Johnny Jimusho!
Inizierò dagli Arashi!
Lettori: *arretrano lentamente* ehm, Rosa-chan... hai preso le medicine stamattina?
Autrice: uh *sbatte le palpebre* Sì...
Lettori: .......*silenzio*
Autrice: ehm........ ARASHI FOR DREAAAAAM!!!!! *corre come un demonio*
Note: che dire? Non ho mai scritto delle long fic sugli Arashi, spero sia uscita decentemente. in realtà non ho finito di scriverla, ma non temete, la finirò, SO che desiderate ardentemente leggerla. Basta. un'ultima cosa: Sakuraiba PER LA VITA. stop.
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Tutto ciò che volevo era averti con me! )

Paradiso, era ciò che Masaki poteva dire sulla sua relazione con Sho in quelle ultime due settimane. Ogni cosa era tornata normale e anche più. Nessun appuntamento cancellato, nessuna promessa rotta o altro. E per il sesso? Poteva solo chiudere la bocca e arrossire. Stava beatamente vivendo nella sua felicità, che non una volta, si era chiesto il motivo di quell’improvviso miglioramento, nessuna domanda sulla passione di Sakurai che non aveva mai mancato di sopraffarlo a tal punto da soffocarlo.

Sho, invece, non poteva dire lo stesso. Certo si stava divertendo a trascorrere il tempo con Aiba, ma si sarebbe divertito di più se fosse riuscito a cacciare quell’assillante voce dalla sua testa. L’unica volta che quella voce fastidiosa se ne andava era quando era preso nei momenti di passione. Anche se, cosa sarebbe successo se quella voce fosse stata presente anche durante un orgasmo? Rabbrividì al solo pensiero.

-Ehi. Sho-chan!

Alzò lo sguardo dal testo che stava leggendo nel suo camerino, sentendosi chiamare da quella voce, che gli voleva ricordare cosa aveva promesso di fare. Sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Aveva sacrificato molto per Aiba in quelle due settimane, ma quello era il massimo che poteva fare.

Avrebbe capito?

-Ho un impegno improvviso di lavoro, mi dispiace.

-Q-quando?

-Questo weekend.

-Oh.- Aiba chinò il capo, lasciando che la frangia gli coprisse gli occhi. Era stato troppo bello per essere vero, pensò sardonicamente. Perché Sho riusciva sempre a deluderlo quando meno se lo aspettava?

Tuttavia, invece di sputare tutto ciò che pensava, rinchiuse tutte le sue emozioni cosicché quando alzò lo sguardo, non ci fu niente negli occhi castani. Nessun ombra di dolore o di incomprensione.

-Va bene.

Attenzione. Si disse Sho fissando quegli occhi tranquilli.

-E’ così? È tutto ciò che mi dici?

-Mi confondi.  Se me la prendo, ti arrabbi.  Se sono tranquillo, ti irriti. Posso fare qualcosa di giusto ai tuoi occhi?

Domandò Masaki con una calma mortale. Sho si accigliò mentre il suo corpo si tendeva. Uno scontro si stava addensando e stava per arrivare sulle loro strade, velocemente. Uno di loro doveva andare via.

-Va e basta, Sho.

Poiché non riusciva a stare zitto, mentre Aiba stava per uscire dal camerino lo bloccò dicendo:

-Ho fatto molte cose per te.

Quindi ora lo stava incolpando per questo? Rispose alzando la voce.

-Non te l’ho chiesto io di farlo. Tutto ciò che volevo era averti con me! E’ troppo da chiedere?

Si mise davanti a lui e replicò con lo stesso tono.

-Da me? Cazzo, sì!

Questo fece molto male, tanto che Aiba non riuscì a impedirsi di dire:

-Fottiti, tu e la tua mania di grandezza!

Non posso vincere, vero?

Boccheggiò di dolore quando fu sbattuto contro una parete, gemendo quando una calda bocca coprì la sua in un bacio doloroso. Era il primo bacio sinistro e privo di passione che avesse mai ricevuto in vita sua e lo odiava. Senza esitazione, tirò un pugno sullo stomaco del suo assalitore e si liberò.

-Bastardo!- esclamò.

Occhi d’onice divennero freddi come il ghiaccio, ma non si spaventò. Era troppo ferito, troppo offeso e troppo arrabbiato per avere paura e per fermarsi. Si buttò contro Sakurai, che fece lo stesso. Si afferrarono e si lanciarono pugni e calci l’uno contro l’altro.

Tu non capisci. Pensò Sho mentre bloccava un calcio del ragazzo e affondava un pugno nel suo addome. Evitò il pugno di Aiba e lo afferrò per piegare con forza il suo braccio prima di saltargli sopra.

-Cazzo!

Riuscì a dire Aiba nonostante il dolore scoppiato tra i suoi nervi. Sho era sopra di lui e salì sul suo braccio dolorante. Un sorriso sbieco passò sul suo viso quando avvertì il dolore e dal gemito del ragazzo.

Odiami. Non odiarmi. Lasciami. Odiami. Non lasciarmi.

Cosa stai facendo? Gridò una piccola voce dentro di lui. Fermati! Dio, fermati! Cercò di scacciare via quella voce fastidiosa.

Non odiarmi. Non lasciarmi. Lasciami. Odiami.

Strattonò Masaki e lo afferrò per le braccia per bloccare poi le mani sopra la sua testa con le sue, assicurandosi di non venir spinto via. Lo guardò con aria altezzosa.

Odiami. Lasciami. Non lasciarmi. Odiami. Non odiarmi.

Aiba riuscì a fissare lo sguardo nei dardeggianti occhi scuri e non gli piacque ciò che vide. Tremò di paura ed iniziò a dimenarsi.

-Lasciami! Cosa stai facendo? Bastardo! Lasciami!

-Lasciarti?- ripetè Sakurai sinistramente -Ma non avevi detto che mi volevi?

-Sai cosa intendevo quando l’ho detto!- ruggì mentre continuava a lottare.

Ovviamente, Sakurai lo sapeva, ma voleva una via facile per liberarsi del patetico ragazzo che era il suo amante.

Odiami! Lasciami.

Si chinò e catturò le labbra di Masaki.

-Lasciammph…andare…!

Odiami!

Aiba aprì gli occhi quando Sakurai fu sollevato dal suo corpo e li sgranò mentre il ragazzo veniva buttato da parte.

Chi aveva osato spingerlo via? Si domandò furiosamente Sho mentre si rialzava in piedi. Il suo sguardo si alzò e gli fu permesso di vedere gli occhi dell’intruso per una frazione di secondo prima che un pugno atterrasse sulla sua mascella facendolo cadere indietro. Cazzo! Quello aveva fatto male! Sputò sangue e fulminò l’intruso che emanava un’aura assassina, gli occhi neri ardenti.

-Matsumoto.- disse.

-Ti ha detto di lasciarlo, Sakurai, no?

Disse Jun con tono pericoloso. Sapendo che il suo pugno stava ancora facendo vedere le stelle al ragazzo, ne approfittò per attaccare.

Il momento in cui  iniziò a darle a Sho, Aiba scattò in piedi e corse nella loro direzione gridando al ragazzo di fermarsi. Raggiungendoli, afferrò la spalla sinistra di Jun e fu troppo sorpreso per evitare il pugno che colpì la sua faccia. Cadde all’indietro mentre si stringeva il naso. Sentì il sangue dal naso, ma per fortuna non si era rotto.

Quando aveva colpito Masaki, Jun non lo aveva fatto accidentalmente. Lo irritava il fatto che si preoccupasse per il ragazzo che lo stava molestando. Sperava che quel pugno lo svegliasse dalla sua stupidità.

Sho si accigliò, non gli piaceva il fatto che Jun osasse anche solo colpire Masaki. Ruggì e calciò forte Jun nello stomaco prima ancora che l’altro potesse vendicarsi del pugno ricevuto. Sfortunatamente a Masaki non piaceva cosa aveva fatto Sho, così il suo pugno, che doveva essere rivolto a Matsumoto, colpì invece lui. Poi attaccò Jun con un calcio laterale. Questo gli avrebbe insegnato a non tirare quei pugni così forti! O almeno ci sperava.

Sho gli tirò una ginocchiata nello stomaco facendolo piegare in due. Jun una gomitata che lo stese a terra e gli fece maledire entrambi.

Vedendo che uno era a terra, gli altri due iniziarono a scazzottarsi. Sho sollevò la gamba destra e la fece ruotare verso Jun, ma Aiba la bloccò con le sue braccia. Quindi si abbassò rapidamente evitando la gamba di Matsumoto che colpì Sakurai e lo fece indietreggiare di qualche centimetro.

Masaki si voltò di scatto, il pugno pronto ad un destro poderoso. Sfortunatamente, Sho lo evitò e lo fece inciampare contro Jun. I due caddero a terra continuando a malmenarsi.

Sho allontanò Jun dal ragazzo e, mentre lo faceva, Aiba lo calciò prima di rimettersi in piedi.

Distanti l’uno dall’altro, si fissarono con irritazione, rabbia e odio.

Nessuno di loro era un alleato. Ognuno di loro stava combattendo per la propria causa, reclamando vendetta dagli avversari che non avevano neanche per un solo momento esitato nel ferire l’altro.

Masaki si asciugò via il sangue dal taglio sul gomito destro. Jun sputò del sangue. Sho si toccò il sangue che era fuoriuscito dalle sue labbra.

Quindi Aiba lanciò un grido di battaglia che gli altri presero come un segnale per prepararsi con i loro corpi ad attaccare e difendere. Ognuno di loro per essere l’ultimo a rimanere in piedi. Con la loro rabbia ardente come il fuoco... bollente, pericoloso, minaccioso. E facilmente battibile dall’acqua.

Bagnati e incavolati, i tre guardarono nella direzione da cui il leggero getto d’acqua era venuto, pronti ad inveire sul colpevole. Trovarono Ohno ad un metro di distanza, che teneva in mano un secchio ormai vuoto.

-Non sapevo che ci fosse un incontro all’ultimo sangue tra i nostri impegni di oggi.

Disse, mentre veniva colpito dalle occhiate omicide dei tre ragazzi; sebbene la sua voce fosse melodiosa, i suoi occhi contraddicevano qualsiasi nota divertita che aveva. Sospirò stancamente.

-Non lo so... Devo chiamare forse i vostri genitori, come si faceva a scuola?

-Piantala, Ohno.- sbottò Sakurai- Siamo adulti.

-Sì, ma vi comportate in modo immaturo e da bambini.

Fece prima di uscire a testa bassa dal camerino.

 

Aiba sbalzò indietro come finì per sbattere contro qualcuno mentre camminava. Alzò lo sguardo, pronto a scusarsi, ma le scuse gli morirono in gola ed il suo corpo si irrigidì. Sho voleva riprendere il loro scontro?

Gli ci volle un istante per rendersi conto che quello che aveva davanti non era Sakurai.

-Ta-takeshi-san...

-Potrei sapere cos’è successo?

-Io... è stata colpa sua.

Rignhiò, incapace di spiegarsi meglio, mentre ancora ribolliva di rabbia.

-E che cos’ha fatto?

Domandò con tono punzecchiante. Il ragazzo biascicò qualcosa su un’ennesima promessa non mantenuta, ma non disse nulla sulla molestia, così che il manager fu un po’ confuso sul come Matsumoto fosse stato coinvolto, ma non se ne preoccupò più di tanto.

-Non voglio coprire Sakurai-san, ma ha ragione. Ha fatto molte cose per te, Aiba-san. Ti sei mai chiesto come è riuscito a passare così tanto tempo con te, ultimamente?

-Io... io...

No, non se lo era chiesto. Non era importante, fintanto che Sho era con lui. Da quando aveva iniziato ad avere quel comportamento ossessivo?

-Ha saltato molte conferenze alle quali avrebbe dovuto assistere per imparare. Ha studiato la notte.

La colpa lo attanagliò quando udì l’elenco delle cose che aveva fatto il suo ragazzo. Anche se non gli aveva chiesto di fare quelle cose, lui le aveva fatte lo stesso. Ma perché?

Per te, idiota!

Se le cose stavano così, forse sarebbe stato diverso per Sho se loro due non fossero stati una coppia. Ma poteva lasciarlo andare? No, non poteva. Sho era tutto per lui e aveva fatto di tutto per salvare ciò che lui aveva rovinato, seppur inconsapevolmente.

Stava per sfrecciare verso il camerino di Nino per chiedergli se poteva aiutarlo a curarsi, quando il manager lo afferrò per il polso.

-Il limite più letale è quello che impedisce a una persona di crescere e realizzare i suoi sogni.

Gli disse fissando i suoi occhi castani e penetrando nella parte più profonda della sua anima per piantare un seme. Come in trance, Masaki restò in silenzio.

-Sono preoccupato per ciò che la tua ossessione per Sakurai-kun potrebbe farti.

-Io... io non sono ossessionato.

Disse liberandosi dalla stretta.

Allora perché ti aggrappi così tanto?domandò una piccola voce.

Ci fu un impercettibile ghigno sulle labbra dell’uomo mentre osservava Aiba che si allontanava lentamente. Lo aveva fatto, e ora doveva solo assicurarsi che Sakurai nutrisse il seme che aveva piantato per farlo crescere.

Povero Aiba. Non sapeva che le persone erano come gli animali selvaggi? Ferivano chi cercava di domarle. Scrollò le spalle.

Questa è la tua sconfitta, Aiba-kun.

 

 

 




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Titolo: Love Chronicles
Fandom: Arashi
Genere: yaoi, lemon, e diciamo romantico, ma non troppo
Rating: R
Pairing: indovinate un po'? Ebbene sì, ANCORA Sakuraiba. Ma attenzione, non solo!
Disclaimer: vedete questa mano? *alza la mano che usa per scrivere e scrocchia le dita* un giorno questa mano mi aiuterà a dominare tutto il Johnny Jimusho!
Inizierò dagli Arashi!
Lettori: *arretrano lentamente* ehm, Rosa-chan... hai preso le medicine stamattina?
Autrice: uh *sbatte le palpebre* Sì...
Lettori: .......*silenzio*
Autrice: ehm........ ARASHI FOR DREAAAAAM!!!!! *corre come un demonio*
Note: che dire? Non ho mai scritto delle long fic sugli Arashi, spero sia uscita decentemente. in realtà non ho finito di scriverla, ma non temete, la finirò, SO che desiderate ardentemente leggerla. Basta. un'ultima cosa: Sakuraiba PER LA VITA. stop.
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È in questi momenti che vorrei tenerti stretto... )
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Titolo: Non è una fanfiction
Fandom: Arashi
Rating: R
Pairing: sakuraiba
Disclaimer: purtroppo gli Arashi non mi appartengono, no.
Note: prima in assoluto su questo fandom. Abbiate pietà.



Ok.

Inspira, espira, inspira, espira.

Calma, Masaki, la calma è il segreto di tutto.

-Cazzo...

L’imprecazione fu abbastanza soft, in modo da non disturbare eventuali inquilini dei cubicoli adiacenti, ma il pugno che sferrò alla parete non lo era manco per nulla, per la tristezza della sua mano destra.

‘Ottimo Masaki. Davvero ottimo. Ora non solo ti fa male il cuore, ma anche la mano. Complimenti, sul serio.’

Si accovacciò in terra, reggendosi sui talloni e appoggiando la schiena al muro, cercando di non pensare al dolore che provava ma solo alla rabbia; sì, concentrarsi sull’odio che covava in quel momento sarebbe stato di certo meno doloroso. Concentrarsi su quanto avrebbe voluto spaccare la faccia da culo di Sakurai a suon di pugni,fino a farlo strisciare ai suoi piedi implorando il suo perdono… razza di stronzo. Doppiogiochista del cazzo. Traditore. Si concentrò sull’idea di prenderlo a ginocchiate fino a quando non sarebbe mai più stato in grado di scoparsi ‘Haruko-chan’ o chissà chi altro.

Rabbia. Rabbia e odio profondo.

Perché lo odiava, no? Lo disprezzava con tutto il suo io? Certamente.

Ed era a spaccargli il muso per quello che stava succedendo e che avrebbe potuto rovinare tutto non solo per lui, ma anche per Ohno, Nino e Jun? No.

Di fatto, era accovacciato all’interno di un cesso della sala di registrazione cercando di controllarsi, di non lasciare uscire quell’urlo, quel gemito di dolore che gli stava lacerando il petto, lo stomaco, ogni cosa di lui.

Intanto, il Masaki Esterno lo guardava scuotendo la testa in segno di disapprovazione, dicendogli che non era da lui deprimersi così, che doveva agire per il bene suo e degli Arashi, che lui tanto amava; invece il Masaki Interno mandava a fanculo quello esterno e diceva che era dannatamente giusto così: il primo... il primo uomo che si scopava, di cui si innamorava... ed era andata così. Che almeno gli fosse concesso di stare male, che cazzo.

Trattenne il fiato quando sentì bussare alla porta, metà mente a pregare che fosse Nino, Jun, CHIUNQUE tranne lui e l’altra metà impegnata a inventare una scusa plausibile per il suo comportamento.

-Aiba...

Mer-daaaaa. Due sillabe, il suo nome. Pronunciato dalla voce sbagliata, quella di Sho.

-Lasciami in pace almeno quando sono al cesso.

Disse cercando di fare una voce dura, cercando di puntellarla con dei paletti per impedirle di scivolare, di tremare e di suonare impastata di lacrime, dolore e autocommiserazione.

-Senti, affrontiamo questa cosa come due persone adulte, ti va?

Certo che non voleva. Voleva restare dentro quel cubicolo fino a quando non li avessero sbattuti fuori dalla sala di registrazione, voleva che si aprisse una voragine che lo inghiottisse lì, in quel punto, anche se era fisicamente impossibile. L’unica cosa certa era che NON VOLEVA uscire di lì e affrontare Sho, e il ricordo di una marea di sms per i quali non aveva mai ricevuto risposta... tuttavia lo fece lo stesso; tirò su col naso un paio di volte e si passò la manica della felpa sul volto per eliminare la traccia di eventuali lacrime scese a tradimento, e aprì la porta, cercando di assumere l’aria meno disperata possibile.

-Avevi detto che l’avresti lasciata, che non era niente. Che mi amavi.

No, no, no. Doveva essere una frase tagliente, crudele, piena di odio e disprezzo; doveva far sentire Sakurai una merda umana. Di certo non voleva che la voce gli uscisse così, come la voce di un bambino e cui si è rotto il giocattolo preferito. Così... umida... appiccicaticcia. Che schifo.

-E tu invece avevi detto che non ti saresti impegnato, che avevi capito.

Sospirò Sho con aria stanca. E lui non era per niente tagliente... era quasi... dolce, nel suo essere obiettivo e realista. Sempre così ragionevole. E poi era vero, gliel’aveva detto, durante quella prima scopata di tanto tempo prima, avvenuta per puro caso. E durante la seconda, e la terza... Solo che, a mano a mano che si andava avanti, quella frase suonava alle sue orecchie sempre più come una colossale bugia.

-Tutti quei messaggi.. e questo comportamento assurdo non sono AVER CAPITO.

Annuì silenzioso, certo che se avesse risposto a voce sarebbe esploso in un’altra delle sue scenate e decisamente no, non voleva farlo, soprattutto non davanti al diretto interessato.

Non piangere. Non piangere.

Sakurai sospirò prima di riprendere il suo monologo. –Lo so che in questo periodo ti ho trattato male, sono stato ingiusto e... ok, ok sono stato uno stronzo. Però non dovevi davvero reagire così. Sono cose che succedono, e soprattutto era chiaro che sarebbe andata così, Aiba. Era nei patti.

Ma quanto lo odiava? Se si fosse comportato davvero da stronzo sarebbe stato tutto molto più facile; e invece no, era molto più difficile se vedeva nei suoi occhi tutta quella preoccupazione, quella confusione. Se era così fottutamente ragionevole nel parlare era difficile.

-Allora perché hai detto che mi amavi?

Ok. Chiaro per una volta. Anche se forse era un po’ tardi, avrebbe potuto chiederlo prima. Avrebbe DOVUTO chiederlo prima. Solo che non voleva scoprirsi, non voleva far capire all’altro che tutto stava diventando lentamente un qualcosa di più; a quel punto, invece, poteva dire quello che voleva, si era scoperto fin troppo.

Ricevette come risposta solo il silenzio, il tocco esitante di una mano che gli sfiorava i capelli, la guancia... come un adulto che consola un bambino. A ricordargli quante volte quella mano gli aveva scostato dal volto i capelli bagnati di sudore in mezzo a lenzuola aggrovigliate.

Fece un passo, uno solo, per trovarsi esattamente davanti al suo volto. E in quel momento ritornò quella vocina appiccicosa che tanto odiava.

-Solo... solo un’ultima volta? – sussurrò posando cauto le labbra su quelle dell’altro, tenendo gli occhi aperti; e non aveva certo bisogno di vedersi in uno specchio per ritenersi semplicemente ributtante per quella scintilla di amore, dolore e ‘scopami ti prego’ che sapeva di avere negli occhi.

Inizialmente fu terribile, come baciare una statua, un poster di idol a grandezza naturale.

Sho avrebbe potuto prenderlo a pugni, scostarsi in malo modo dicendogli che, come sempre, non capiva un cazzo. Avrebbe potuto spiegargli una buona volta cosa significava Aver Capito.

Tuttavia dopo un po’ sentì la sua lingua accarezzargli le labbra e ricambiare il suo bacio, insinuandosi nella sua bocca lentamente; le mani poggiarsi sui suoi fianchi con delicatezza per avvicinarlo a sé.

Avrebbe potuto prenderlo a calci.

Avrebbe DOVUTO, in effetti.

Ma in quell’istante, decise, non gli importava proprio nulla, mentre arretrava nel cubicolo trascinandosi Sakurai dietro, il bacio più impetuoso e il tocco delle mani che si faceva più frenetico, spiegazzando e stropicciando i vestiti.

Il Masaki Esterno alzò le mani in segno di resa. Quando la gente non voleva ragionare non c’era proprio nulla da fare.

 

Sho avanzò nel cubicolo, le mani artigliate alla cintura dei pantaloni di Masaki, spingendolo fino a far aderire al sua schiena alle piastrelle del bagno, le labbra incollate alle sue mentre sentiva le mani dell’altro vagare alla cieca sul suo corpo.

Non era un bacio dolce, quello scontro tra lingue e denti che graffiavano le labbra tra ansiti soffocati, le gambe aggrovigliate e l’erezione di Masaki che premeva contro la sua coscia. Non era un bacio d’amore (se lo ripeteva da secoli fino alla nausea, ogni volta che lo baciava), era solo uno sfogo di quel desiderio che aveva fatto sì che i suoi pantaloni diventassero improvvisamente scomodi e il suo respiro affannato; desiderio che stava ammazzando i suoi neuroni, mentre lo sentiva rispondere a ogni suo movimento, adattarsi perfettamente a ogni cosa che faceva con piccoli versi che restavano sospesi nella sua gola, mentre intrecciava le gambe alle sue come a implorargli di essere preso, pronto a fare qualsiasi cosa gli avesse chiesto.

Non pensarci. Non pensare ad Haruko, al fatto che avevi deciso di sceglierne uno. Non pensare al fatto che Aiba si attaccherà di nuovo.

Si staccò dal bacio per premergli la bocca contro il collo per lasciare quello che sarebbe stato un succhiotto che non sarebbe scomparso prima di una settimana; a ogni premere dei denti, a ogni tocco più accentuato, sentiva Masaki emettere quei suoi soliti versi ingolati; e le sue mani sbottonarono e strattonarono con rapidità i pantaloni del compagno, e le mani di Masaki gli abbassarono senza grazia la zip dei pantaloni liberandolo dalla prigione dei boxer in qualche modo. O forse fu il contrario, non ne era tanto sicuro.

Non che un simile dettaglio gli importasse, non mentre voltava Masaki a faccia verso il muro senza incontrare la benchè minima resistenza, mentre strattonava i suoi pantaloni fino a esporre la parte di corpo che gli interessava.

Non c’era bisogno di pensare: era solo un corpo, un corpo che lo stava chiamando e che sapeva per istinto adattarsi al suo mentre si spingeva contro di lui, l’erezione che sfregava contro la curva soda delle natiche.

La fretta era troppa e i mezzi erano troppo pochi.

Un po’ di sputo, un dito simbolico, e una bella preghiere ai bei tempi andati. E via.

Penetrò dentro di lui, una mano che gli stringeva la vita e l’altra che si sosteneva al muro, i denti stringevano le labbra in una morsa mentre sentiva Masaki contrarsi attorno a lui, gemere muovendo le dita in modo inconsulto, come se cercasse un appiglio alle piastrelle del bagno. Aiba chiamava il suo nome a voce bassa, un braccio posato sugli occhi, mentre lui spingeva al suo interno. Poche sillabe soffocate, ripetute come un mantra mentre affondava dentro il compagno, una mano sul suo ventre e i muscoli tesi.

Cercò di convincersi che fu solo un gesto di desiderio, quello di spostare la mano dal muro e mettergliela davanti alla bocca, iniziando un gioco di lingua e dita. Fu un gesto di desiderio, non un disperato tentativo di farlo stare zitto.

Zitto, cazzo.

Non dire il mio nome.

Silenzio, mentre spingeva in quell’antro caldo, sempre più veloce, in uno sfregare scomposto di pelle e vestiti, in un misto di piacere e dolore; dolore che risultava ai suoi occhi marginale, mentre inseguiva il suo orgasmo.

Caldo, quando si riversò al suo interno, mentre Masaki si contraeva e gli veniva incontra un’ultima volta, prima di gemere contro la barriera della sua mano.

Si scostò di colpo, come se d’un tratto fosse svanita quella bolla di lussuria improvvisa dentro i bagni. Armeggiò goffamente con un po’ carta igienica e con la zip, riassestandosi un po’, cercando di calmare il respiro, e anche Aiba faceva lo stesso, anche lui abbastanza silenzioso che il silenzio era assordante. Zip su, maglia messa bene, sperare che i segni non si vedano e che il dolore non impedisca di sedersi o di camminare decentemente e via dicendo.

Incrociò quasi per sbaglio lo sguardo dell’altro, una smorfia di dolore appena accennata, sguardo basso e labbra strette. Oziosamente, cercò di ricordarsi chi avesse detto che dopo il coito ogni animale era triste. Non gli veniva in mente, ci pensò freneticamente, quasi disperato, mentre si sistemava la camicia, per ignorare il respiro tremante di Aiba.

È stata solo colpa tua. Sei TU che me l’hai chiesto.

Vai con le buone intenzioni. D’altronde erano pur sempre compagni, doveva cercare di fare qualcosa, si ripeteva, o davvero gli Arashi sarebbero andati a puttane, senza Aiba-chan. Si sporse verso Aiba e gli abbassò la testa fino a farla posare sulla spalla in una sorta di abbraccio, fino a quando le stretta delle mani si fece più lieve e il respiro si fu acquietato abbastanza da far pensare che non fosse successo nulla, che tutto fosse tornato normale, di staccarsi e uscire dai bagni senza dire nulla.

Decise di tralasciare le prove, per quel giorno, e di tornarsene direttamente a casa. Riida non era così sveglio, ma Jun e Nino lo erano abbastanza,e avrebbero capito perché nemmeno Aiba si sarebbe ripresentato alle prove quel giorno, e non avrebbero fatto domande a riguardo.

Non avrebbe dovuto dare spiegazioni a nessuno, era una consolazione.

Spegnere il cervello, in casi come quello, piaceva anche a lui: era un buon modo per non pensare e per non sentirsi in colpa per una scopata gratuita. E considerare quello che era appena successo come una scopata gratuita era un altro modo per farsi ancora meno problemi.

Se la vita fosse stata una fan fiction, sarebbe stata di certo molto più semplice, tutto già deciso da altri. Avrebbe assunto la parte del cattivo senza farsi troppi problemi, anzi sarebbe stato felice del suo ruolo di bastardo doppiogiochista.

Si concesse un sospiro tremante mentre si asciugava una lacrima solitaria.

Non era una fan fiction, e spense il cervello mentre scendeva verso il parcheggio.

 

 


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